Società Partecipate, verso l’intesa tra Governo e Regioni
E’ prevista per oggi 16 marzo la Conferenza Unificata che dovrebbe dare il via libera definitivo al decreto correttivo attuativo della riforma Madia relativo al riordino delle società partecipate (decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante: Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica), approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 17 febbraio. L’intesa in Conferenza unificata si è resa necessaria a seguito delle “eccezioni” sollevate dalla sentenza della Corte Costituzionale n°251/16 relativa ad alcuni articoli della legge delega di riforma della PA.
Si stanno quindi susseguendo i confronti tecnici e politici sul tema del decreto partecipate e secondo quanto riportato sulle agenzie di stampa il 14 marzo si è tenuto un incontro al ministero della Pubblica amministrazione, con Regioni e Comuni, in particolare per raggiungere l’accordo politico sul decreto partecipate bis. Secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa le società pubbliche coinvolte dal provvedimento (e dunque a rischio dismissione già da giugno (al 30 giugno è fissata infatti la scadenza per la presentazione dei Piani di razionalizzazione straordinaria delle partecipazioni) potrebbero essere oltre 3mila.
Un dato che scaturirebbe incrociando i criteri minimi per il mantenimento delle società e i dati su conti e dimensioni. Stando alle cifre della Corte dei conti – secondo quanto riportato dall’Ansa – 1.279 hanno più amministratori che dipendenti e 469 hanno bilanci in perdita. Inoltre, guardando ai numeri dell’Istat, 1.138 possono classificarsi come realtà ‘fantasma’, prive di carte contabili, cioè che non hanno mai presentato i bilanci.
Le questioni sul tavolo – riguardano la soglia di fatturato minimo che le partecipate dovranno raggiungere, le incompatibilità previste dalla legge Severino per gli ex amministratori di società pubbliche (che per tre anni non possono ricoprire lo stesso incarico in altre spa dello stesso territorio) e la partecipazione agli appalti su scala nazionale. Tra le ipotesi sul tavolo anche quella di dimezzare il tetto di fatturato (ora fissato a un milione di euro in tre anni).
Il Governo, da parte sua, ha proposto una norma ponte, ovvero di portare la soglia per tre anni a 500mila euro per poi far scattare la tagliola più pesante.
Si sta lavorando ad ultime limature al decreto, a quanto apprende l’Adn Kronos – da fonti ministeriali, ma c’è ottimismo che si chiuda con un’intesa giovedì in Unificata. D’altra parte, si osserva dalle stesse fonti, si conferma la volontà di una riduzione delle partecipate e c’è la disponibilità da parte di tutti a trovare un accordo che confermi tutto quello c’era nel decreto precedente integrato con il lavoro di questi giorni.
CONSIGLIO DI STATO: OK AL DECRETO CORRETTIVO, MA RESTANO MOLTI PUNTI CRITICI
Sempre lo scorso 14 marzo, il Consiglio di Stato ha reso il parere favorevole con osservazioni sullo schema del decreto correttivo TUSP.Si tratta del primo parere che viene reso su un “decreto correttivo” della legge Madia.
Nel merito del provvedimento, il Consiglio di Stato afferma che il decreto correttivo non dovrebbe limitarsi ad attuare la sentenza della Corte costituzionale, ma anche introdurre tutte le modifiche necessarie per risolvere incertezze e per far funzionare, nella pratica, le norme originarie. Invece, il monitoraggio delle problematiche emerse dopo l’entrata in vigore della riforma risulta carente. Pertanto, il parere fornisce indicazioni non soltanto sulle norme del correttivo, ma anche sulle norme del testo unico che non vengono modificate dallo schema e che, invece, richiederebbero un intervento alla luce delle incertezze emerse nella prassi, o delle disfunzioni già segnalate dal parere sullo schema originario (n. 968 del 2016) e ancora attuali.
Tra i vari rilievi, si segnalano in particolare:
- la perdurante criticità, evidenziata già con il primo parere sullo schema di testo unico, di attribuire al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di escludere singole società dall’applicazione della riforma, con semplice provvedimento amministrativo, con possibile violazione del principio di legalità e dubbio fondamento nella legge di delega;
- la ancor più grave criticità di estendere, con il correttivo, tale potere derogatorio anche ai Presidenti delle Regioni, perché ciò consentirebbe a un’autorità regionale di derogare, con suo provvedimento, a una disciplina statale generale propria dell’ordinamento civile;
- l’incertezza sul riparto tra giudice civile e giudice contabile sulla responsabilità dei amministratori delle società partecipate, su cui il Consiglio di Stato propone di distinguere con maggiore chiarezza per evitare possibili sovrapposizioni;
- l’esigenza di rendere effettivo il principio di “fallibilità” delle società pubbliche, raccordandone la disciplina con la norma del t.u. che impone alle amministrazioni locali partecipanti di accantonare nel bilancio un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato delle società in house, misura che “negherebbe in radice la possibilità per le società in house di fallire” e che potrebbe risolversi anche in un indebito aiuto di Stato;
- la necessità di pervenire ad una riunificazione della disciplina in tema di enti in house (oggi collocata, con qualche difformità, sia nel t.u. sulle società partecipate sia nel codice dei contratti pubblici) e di chiarirne alcuni aspetti, tra cui la modalità di scelta del socio privato;
- l’opportunità di specificare l’applicabilità del codice dei contratti pubblici anche agli acquisti di beni e servizi da parte delle società pubbliche;
- l’importanza “cruciale” del ruolo del Ministero (e, in prospettiva, delle Regioni) contro le elusioni dalla riforma, su cui andrebbero irrobustiti i poteri di intervento, e della fase transitoria di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche attuali entro il 30 giugno 2017: il Consiglio di Stato sottolinea “la grande rilevanza di queste disposizioni per l’effettivo successo dell’intera riforma”, per le quali “andrebbe ulteriormente rafforzata, con particolare riferimento all’operazione in questione, la funzione di controllo e monitoraggio”.