Autonomia differenziata: i contenuti del disegno di legge

Giovedì 2 febbraio, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. E’ la riforma che punta a mettere in atto la cosiddetta autonomia differenziata per le Regioni italiane.

Sono dieci gli articoli previsti dal Ddl. Tutto il procedimento di attuazione dell’autonomia differenziata deve essere subordinato alla determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” (Lep) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, specifica il primo articolo del disegno di legge.

Nell’articolo 2 c’è il richiamo alla “attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, un processo che coinvolge Palazzo Chigi, il Governo e il Parlamento. Che, sebbene non venga chiamato più in causa con la formula di mera approvazione, “sembra confermato che le Camere non potranno modificare l’intesa allegata al Ddl, ma solo approvarla o meno così come è stata scritta”.

All’articolo 3 troviamo il tema dell’approvazione dei Lep sui diritti civili e sociali e i relativi costi e fabbisogni standard. All’articolo 4, il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, per le materie o gli ambiti di materie riferibili ai Lep. Articolo 5: come fa notare lavoce.info, al comma 2 ci sono le “compartecipazioni al gettito di uno o più tributi o entrate erariali maturato nel territorio regionale”, il metodo per il finanziamento delle funzioni attribuite.

Proseguendo, all’articolo 6 vengono stabilite le funzioni amministrative trasferite alle Rso e che possono essere da queste a province, città metropolitane e comuni. Mentre all’articolo 7 si stabilisce la durata decennale dell’accordo con possibilità di modifiche, interruzioni o rinnovi.

L’articolo 8 riguarda, invece le clausole finanziarie. Circa le quali, “l’attuazione del Ddl non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; tuttavia, qualora la determinazione dei Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard determini oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, la legge dovrà provvedere al relativo finanziamento. Al contempo, viene garantita l’invarianza finanziaria con le regioni che non sono parte dell’intesa”.

Infine, ci sono le “Misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale” (articolo 9) e le “Disposizioni transitorie e finali” (articolo 10).

L’iter adesso prevede numerosi passaggi. Uscito da Palazzo Chigi il testo andrà alla Conferenza unificata, chiamata a esprimersi sulla legge di attuazione. Tempi? Tre settimane. Dopo le quali, in caso di interventi il testo tornerebbe indietro (cioè al CdM) per poi ripartire. Altrimenti, via libera. E poi? Palla al Parlamento.

La Cabina di Regia, in parallelo, lavorerà ai Lep (livelli essenziali di prestazione).  Entro fine anno si dovrà tornare quindi al Governo, per emanare un decreto per Lep, da spedire quindi alle Aule dopo un passaggio in Conferenza unificata. Poi sarà la volta delle Regioni, protagoniste nell’ultima (lunga) fase di ping pong con tutti gli altri protagonisti già in campo. Infine, Parlamento, Governo, Regioni e quindi CdM saranno i passaggi nell’ordine per arrivare all’approvazione finale.

Dalle Camere servirà maggioranza assoluta , a livello di tempi ogni passaggio sopra descritto può implicare rallentamenti.

Di fatto dunque, il percorso dell’autonomia differenziata e appena iniziato.

(Fonte: Policy Maker – Infografiche: Nomos Centro Studi Parlamentari)