PNRR e servizio idrico: concluso o al collaudo il 53% degli interventi
L’acqua è una risorsa sempre più preziosa e limitata. In Italia, a criticità strutturali storiche – come perdite di rete che superano il 40% – si aggiungono gli effetti del cambiamento climatico, che rendono urgente un servizio idrico integrato (SII) efficiente e sostenibile. Garantire approvvigionamento, depurazione e gestione razionale delle risorse idriche non è solo una questione tecnica, ma una priorità sociale ed economica.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’occasione irripetibile per superare fragilità di governance e divari infrastrutturali che da decenni frenano il settore. Le risorse messe a disposizione – oltre 5,3 miliardi di euro di fondi diretti, che con cofinanziamenti pubblici e privati arrivano a circa 8 miliardi – hanno obiettivi ambiziosi: ridurre le perdite idriche, ammodernare le infrastrutture, digitalizzare i sistemi di gestione, migliorare depurazione e collettamento, rafforzare la sicurezza idrica.
A oggi, però, la disponibilità di risorse non è bastata a garantire un’attuazione lineare. Le riforme hanno registrato buoni progressi, ma gli interventi infrastrutturali restano in ritardo: soltanto il 2% dei progetti risulta concluso e oltre la metà è ancora in fase di collaudo.
Le riforme: governance più solida e meno frammentazione
Il PNRR ha previsto per il settore due interventi riformatori e quattro principali linee di investimento. La prima riforma, sotto la responsabilità del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), ha reso il Piano Nazionale di Interventi Infrastrutturali e per la Sicurezza del Settore Idrico (PNIISSI) lo strumento cardine per la programmazione. Grazie a questo accorpamento, strumenti prima separati – come le sezioni “Acquedotti” e “Invasi” del “Piano Nazionale degli Interventi nel Settore Idrico” – sono stati integrati in un unico strumento, semplificando la pianificazione e rendendo più coerente l’allocazione delle risorse tra Regioni ed Enti di Governo d’Ambito (EGA). L’obiettivo è ridurre la complessità burocratica e accelerare l’attuazione degli investimenti.
La seconda riforma, affidata al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), mira a ridurre la frammentazione gestionale, particolarmente critica in Campania, Calabria, Molise e Sicilia, dove sono stati firmati protocolli d’intesa per favorire aggregazioni e la nascita di operatori più strutturati. L’introduzione di strumenti economici – come tariffe basate sul principio “chi inquina paga” e sanzioni per i prelievi non autorizzati – punta, inoltre, a responsabilizzare gli utenti, soprattutto in agricoltura, settore che consuma la quota maggiore di acqua dolce disponibile.
Complessivamente, le riforme presentano un buon avanzamento, poiché hanno gettato le basi per una governance più solida e per una gestione meno frammentata, in particolare al Sud, rafforzando il processo di industrializzazione del servizio idrico e riducendo progressivamente il “Water Service Divide”.
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