ROMA, 25 novembre (Ansa) – La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della riforma Madia sulla P.A. nella parte in cui prevede che l’attuazione della stessa, attraverso i decreti legislativi, possa avvenire con il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni o Unificata. Secondo la Consulta, che si è pronunciata dopo un ricorso della Regione Veneto, è invece necessaria la previa intesa. La pronuncia di legittimità riguarda le norme relative alla dirigenza, partecipate, servizi pubblici locali e pubblico impiego.
La Corte ha circoscritto il giudizio alle misure della delega Madia impugnate dalla Regione Veneto, lasciando fuori le norme attuative. “Le pronunce di illegittimità costituzionale colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa“, si spiega nella sintesi della sentenza. In particolare, sono stati respinti i dubbi di legittimità costituzionale relativi alla delega per il Codice dell’amministrazione digitale. Le dichiarazioni di illegittimità costituzionale riguardano quindi esclusivamente le deleghe al Governo “in tema di riorganizzazione della dirigenza pubblica”, “per il riordino della disciplina vigente in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, “di partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni e di servizi pubblici locali di interesse economico generale“. La Consulta, guardando al futuro, sottolinea comunque che “le eventuali impugnazioni delle norme attuative dovranno tener conto delle concrete lesioni delle competenze regionali, alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell’esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare in ossequio al principio di leale collaborazione”.
Spunta ipotesi ritiro decreti Madia – Spunta l’ipotesi di ritiro per i decreti Madia, attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione, dopo la sentenza della Consulta sul ricorso della Regione Veneto. I provvedimenti sulla dirigenza pubblica e sui servizi pubblici locali, approvati giusto ieri in Consiglio dei Ministri, potrebbero essere bloccati in uscita e il ‘timbro’ del Quirinale per questi diventerebbe superfluo. Invece per i decreti già pubblicati in Gazzetta Ufficiale, in vigore, quelli sulla razionalizzazione delle partecipate pubbliche e sui licenziamenti lampo per i furbetti, l’ipotesi di correttivi potrebbe non risultare sufficiente lasciando spazio all’alternativa del ritiro. Per quanto riguarda il testo unico sul pubblico impiego il problema non si pone, visto che la presentazione era prevista per febbraio. Quanto alla legge deroga, da cui i decreti discendono, dovrebbe essere rivista con anche una riapertura dei termini, ovvero delle scadenze per la definizione dei provvedimenti di attuazione.
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