Impianti minimi, Brandolini: “Serve intervento del legislatore”

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Individuare nuovi fondi per finanziare i progetti esclusi dall’assegnazione delle risorse PNRR su rifiuti ed economia circolare per esaurimento dei plafond. Modificare i criteri per l’accesso ai nuovi incentivi sul biometano. Ma anche chiarire il quadro normativo e regolatorio dopo le sentenze del TAR Lombardia sul sistema degli impianti ‘minimi’ di ARERA, “che rischiano di generare confusione e incertezza tra gli operatori”. Queste le priorità per le utility del waste management, secondo Filippo Brandolini, neo nominato presidente di Utilitalia, la federazione delle imprese dei servizi energetici, idrici e ambientali.

Siamo nel pieno di una vera e propria ‘policrisi’: l’emergenza climatica, ma anche quella geopolitica, ci obbligano a rivedere i nostri sistemi economici e a riscrivere il nostro rapporto con la gestione delle risorse naturali. A partire dall’acqua. Qual è il ruolo delle utility in questo scenario?

“Un ruolo centrale. Io aggiungerei alle due crisi citate anche il periodo pandemico, durante il quale le utility hanno dimostrato di saper garantire la continuità dei servizi con la qualità richiesta da cittadini e imprese. Non ci si deve fermare però alla sola garanzia dei servizi, ma bisogna approfittare di queste occasioni per svilupparli in modo tale da affrontare le difficoltà future. Penso soprattutto al tema energia. In questi mesi abbiamo evidenziato come esistano opportunità che vanno sfruttate meglio: dal teleriscaldamento all’efficienza energetica, passando per il ruolo che i rifiuti possono giocare nel sostituire fonti di energia fossile o nel ridurre la nostra dipendenza dall’estero. Parallelamente non deve venire meno la volontà di innovare e ricercare nuove tecnologie per favorire la transizione energetica ed ecologica: pensiamo a quello che le utility stanno facendo, quantomeno in termini di studio e di progettazione, sui fronti della produzione di idrogeno e della cattura della CO2”.

E poi c’è il tema attualissimo dell’approvvigionamento idrico.

“Il 2022 è stato un anno critico, il 2023 potrebbe esserlo ancora di più. Bisogna superare le fasi di emergenza con interventi che nel prossimo futuro ci consentano di anticipare i momenti di crisi. Dalla realizzazione di grandi invasi a uso plurimo, quindi non solo idropotabile ma anche irriguo, alle infrastrutture per l’approvvigionamento in generale, fino all’interconnessione delle reti per garantire ai territori una pluralità di fonti. Penso però anche all’utilizzo di tecnologie poco diffuse in Italia come i dissalatori. La produzione di acqua dissalata a uso civile o industriale in Italia è pari allo ‘zero virgola’ mentre in Spagna si supera il 7%”.

Parliamo di rifiuti ed economia circolare. Si è aperta la fase esecutiva del PNRR, con il completamento delle procedure di erogazione dei 2,1 miliardi di euro disponibili. Che peso avranno le utility nel cammino da qui al 2026, quando gli interventi dovranno essere completati?

“Le utility hanno partecipato in maniera consistente sia ai bandi per il settore rifiuti che per il servizio idrico con proposte progettuali il cui fabbisogno finanziario va molto al di sopra della disponibilità di risorse. Un primo messaggio che vogliamo lanciare è l’invito a sfruttare il più possibile questi progetti entrati in graduatoria ma non finanziati. Serve individuare nuovi fondi. Il governo e il Ministero dell’Ambiente hanno già fatto capire che cercheranno comunque di finanziare queste progettualità individuando nuove risorse. Un secondo aspetto è legato alla scadenza del 2026, che è molto ravvicinata, per realizzare progetti che richiedono iter autorizzativi, gare d’appalto e fasi di cantiere non facili. C’è bisogno di una regia condivisa e coordinata da parte delle istituzioni per favorire l’accelerazione di tutti i processi necessari alla messa a terra degli investimenti. Siamo di fronte a una fase straordinaria, per cui occorrono strumenti straordinari”.

Rimanendo nella cornice del PNRR, è partita la prima gara per l’assegnazione degli incentivi per la produzione di biometano. Quale sarà il ruolo delle utility in questa partita?

“Il biometano è strategico, tanto è vero che nell’ambito di REPower EU l’Unione ha previsto il raddoppio della produzione al 2030 da 18 a 35 miliardi di metri cubi, pari a metà del fabbisogno italiano di metano. Anche in questo caso serve realizzare impianti, favorendo processi autorizzativi e realizzativi agevolati, ma bisogna superare anche altri colli di bottiglia. Il primo è che il decreto di incentivazione del biometano finanzia le riconversioni a biometano dei digestori a biogas esistenti solo per il comparto agricolo. Sarebbe significativo che fossero incentivate anche le riconversioni degli impianti operativi che producono biogas dalla frazione organica da raccolta differenziata. Il secondo aspetto, attualissimo, è legato al quadro normativo. Sul comparto degli impianti di trattamento dell’organico sono intervenute sentenze che rischiano di creare confusione per gli operatori e di generare un livello di incertezza tale da rallentare o fermare gli investimenti. Sappiamo bene, e la vostra testata se n’è occupata spesso, che tante regioni, soprattutto nel centro-sud, hanno un deficit impiantistico importante. Riteniamo che vada trovato un giusto equilibrio tra sostenibilità ambientale, quindi un’equilibrata distribuzione degli impianti nel rispetto del principio di prossimità, e le esigenze di mercato e di tutela della concorrenza. Le sentenze hanno messo in discussione l’aspetto della sostenibilità a favore del mercato. Occorre che intervenga il legislatore per dirimere la questione”.

(articolo pubblicato su riciclanews.it)