Per l’Unione europea servono “progressi più rapidi” sull’economia circolare

PDFStampa

Servono progressi più rapidi sull’economia circolare: a dirlo è ufficialmente l’Unione europea. Secondo il quadro di monitoraggio dell’economia circolare, pubblicato sul sito della Commissione negli scorsi giorni, gli sforzi dovranno concentrarsi sull’efficienza delle risorse, sull’uso sostenibile dei materiali e sul miglioramento dell’autonomia strategica.

Il quadro di monitoraggio per l’economia circolare è stato adottato dall’Unione europea a gennaio 2018: cinque anni e mezzo dopo era necessario aggiornarlo, alla luce dei tanti provvedimenti adottati in questo lasso di tempo – dal nuovo Piano d’azione per l’economia circolare, risalente a marzo 2020, alla direttiva SUP sui manufatti in plastica monouso, dalla proposta di regolamento sugli imballaggi fino alla direttiva ecodesign.

Nel frattempo, ovviamente, lo scenario storico si è modificato notevolmente: prima il Covid-19 e poi la guerra in Ucraina hanno rafforzato le intenzioni dell’Unione europea e dei 27 Stati membri di garantirsi una maggiore autonomia di risorse, rafforzando in questo senso il ruolo dell’economia circolare e la sua capacità di fornire materie prime seconde. Ecco perché il nuovo quadro di monitoraggio pone maggiormente l’accento l’accento sul lato della produzione anziché sui rifiuti. Ecco cosa prevede nello specifico.

 

I nuovi indicatori per monitorare l’economia circolare

Una revisione del quadro di monitoraggio europeo sull’economia circolare, dunque, era necessaria. Soprattutto perché, scrive la Commissione, “tiene conto delle interconnessioni tra circolarità, neutralità climatica e l’obiettivo inquinamento zero”. La cornice è quella del Green Deal, dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e degli obiettivi dell’Unione europea in materia di resilienza e sicurezza dell’approvvigionamento. I dati, invece, sono per la maggior parte statistiche ufficiali fornite da Eurostat, l’ufficio dell’Ue che elabora i dati provenienti dagli Stati membri.

“Il nuovo quadro di monitoraggio – scrive la Commissione – mira a fornire una panoramica completa misurando i benefici diretti e indiretti connessi all’aumento della circolarità. È costituito da 11 indicatori, raggruppati in cinque dimensioni:

1) produzione e consumo;

2) gestione dei rifiuti;

3) materie prime secondarie;

4) competitività e innovazione;

5) sostenibilità globale e resilienza.

Importante poi, come si accennava in precedenza, è l’ingresso di nuovi indicatori, tra i quali vale la pena di citare:

  • l’impronta dei materiali, che misura l’uso complessivo dei materiali e indica la quantità di materiali incorporati nel consumo complessivo, compresi i beni importati;
  • la produttività delle risorse, che misura la quantità di PIL derivante dall’uso dei materiali e dimostra l’efficienza dell’utilizzo dei materiali nella produzione di beni e servizi;
  • l’impronta dei consumi, che mette in rapporto i consumi con i limiti del pianeta prendendo in considerazione le categorie d’impatto sulla base di una valutazione del ciclo di vita con riferimento ai cinque principali ambiti di consumo (alimenti, mobilità, alloggi, articoli per la casa ed elettrodomestici);
  • le emissioni di gas a effetto serra delle attività di produzione, che misura le emissioni di gas a effetto serra generate dai settori della produzione (ed esclude quindi le emissioni dei nuclei familiari) e indica il contributo dell’economia circolare alla neutralità climatica;
  • la dipendenza dai materiali, che misura la percentuale dei materiali importati rispetto a tutti quelli usati, descrive il grado di dipendenza dell’Ue dalle importazioni di materiali e indica il contributo dell’economia circolare alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico e dei materiali nonché all’autonomia strategica aperta dell’Ue.

 

Cosa ci dicono i nuovi indicatori sull’economia circolare

I nuovi indicatori confermano che l’economia circolare non consiste soltanto nella valorizzazione di scarti e rifiuti ma anche, e soprattutto, in un cambio di paradigma. Nel documento della Commissione si legge che gli sforzi maggiori devono essere indirizzati a un nuovo modo di concepire programmi e processi industriali. Più precisamente “il passaggio a forme più circolari di produzione e consumo ha registrato progressi alterni negli ultimi anni. La produzione dell’Ue è divenuta più efficiente sotto il profilo delle risorse ma il consumo di materiali e la produzione di rifiuti nell’Unione sono entrambi molto elevati e dovranno diminuire in futuro”.

Gli sforzi delle buone pratiche, tuttavia, dovranno essere incentivati e stimolati da un rinnovato ruolo del pubblico. “Dal 2000 la produttività delle risorse nell’economia dell’UE è cresciuta del 35 % circa – si legge ancora nel documento – il che indica un progressivo disaccoppiamento della crescita economica dall’uso delle risorse. L’aumento può essere imputato ai processi che permettono un uso più efficiente dei materiali ma anche all’esternalizzazione della produzione ad alta intensità di materiali in altre parti del mondo. L’Ue spende circa il 14% del PIL (più o meno 2 mila miliardi di euro all’anno) per acquistare beni e servizi mediante appalti pubblici. Gli appalti pubblici verdi possono essere quindi un potente strumento di promozione dell’economia circolare e dell’innovazione verde. I dati necessari per poter elaborare un indicatore sugli appalti pubblici verdi saranno disponibili nel 2024 in esito a un questionario sugli appalti pubblici che verrà compilato dagli Stati membri”.

“Accelerare la transizione verso l’economia circolare”

Nonostante alcuni miglioramenti nella circolarità, l’economia dell’Unione europea è ancora per lo più lineare, con i materiali secondari che rappresentano meno del 12% di tutti i materiali utilizzati nell’economia dei 27 Stati membri. Il commercio di materie prime secondarie è in aumento sia all’interno dell’Ue che con i Paesi terzi. Per molti metalli speciali ed elementi delle terre rare (come litio, gallio e neodimio), il tasso di riciclaggio a fine vita è ancora molto basso, appena l’1%, mentre i tassi di riciclaggio a fine vita raggiungono il 16% per il nichel e il 22% per cobalto, entrambe materie prime utilizzate nelle batterie.

Negli ultimi anni, i settori dell’economia circolare sono diventati più innovativi e sono cresciuti in termini di investimenti, valore aggiunto e posti di lavoro. Nell’Unione europea gli investimenti privati ​​in specifici settori economici rilevanti per l’economia circolare ammontavano a 121,6 miliardi di euro nel 2021, pari allo 0,8% del PIL dell’Ue. Un dato ancora troppo basso ma che promette sviluppi interessanti. Anche perché nel frattempo le filiere circolari hanno dato lavoro a 4,3 milioni di persone, con un aumento dell’11% rispetto al 2015, mentre il valore aggiunto nei settori dell’economia circolare è aumentato del 27% raggiungendo circa 299 miliardi di euro.

Le emissioni di gas a effetto serra dell’Ue derivanti dalle attività produttive sono diminuite di circa il 25% nel periodo 2008-2021, dimostrando che la transizione verso un’economia circolare svolge un ruolo importante nel raggiungimento della neutralità climatica. Tuttavia, l’impronta dei consumi dell’Ue è aumentata del 4% tra il 2010 e il 2021. A margine di questo report il commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevičius, ha dichiarato che “l’aumento esponenziale dell’estrazione di risorse è la causa principale della triplice crisi planetaria: cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento. La maggior parte dei materiali, insieme all’energia incorporata e alle altre risorse utilizzate nella loro produzione, vengono scartati troppo rapidamente nell’atmosfera, nell’acqua e a terra. Il quadro di monitoraggio rivisto evidenzia la necessità di accelerare la transizione verso un’economia circolare, che si sta espandendo in termini di investimenti, valore aggiunto, posti di lavoro e innovazione nell’Ue – ha aggiunto – La circolarità rende il nostro modello di crescita più sostenibile, competitivo e resiliente alle sfide attuali e future in materia di energia e sicurezza dell’approvvigionamento”.

Fonte: Economiacircolare.com