Con la presentazione del Collegio al Parlamento e al Governo della Relazione annuale 2023, martedì 11 luglio, sono stati pubblicati i due volumi della Relazione Annuale ARERA – l’Autorità di regolazione per l’energia e l’ambiente – sullo Stato dei servizi e sull’Attività svolta nel 2022.
Gli elementi contenuti nei due volumi (qui in parte sintetizzati) riguardano l’anno solare 2022. Un quadro influenzato dalla crisi energetica a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina.
In particolare, l’andamento dei prezzi, e il loro confronto tra i diversi paesi europei in base ai dati Eurostat, è influenzato anche dalla diversità degli interventi pubblici realizzati dai Governi a tutela dei consumatori nei settori energetici.
Nel caso italiano molti degli interventi, che hanno impiegato ingenti risorse pubbliche, hanno garantito un contenimento dei prezzi anche a valle della loro formazione, attraverso lo strumento dei bonus che ha protetto in modo selettivo, dagli aumenti della fase di crisi, fasce sempre più ampie di consumatori in difficoltà economiche. In altre esperienze europee l’intervento si è concentrato nelle fasi a monte, incidendo direttamente sulla formazione del prezzo nei mercati all’ingrosso. Per l’Italia inoltre ha pesato una maggiore dipendenza dal gas come fonte diretta di consumo o di generazione elettrica, mentre altri grandi paesi europei hanno potuto fare affidamento su altre fonti meno impattate dalla crisi (ad es. nucleare in Francia o carbone in Germania).
DI SEGUITO I DATI SETTORIALI
SERVIZI ARERA PER I CONSUMATORI
BONUS SOCIALI: OLTRE 6,2 MILIONI I BONUS RICONOSCIUTI, DA APRILE ALLARGATA LA PLATEA BENEFICIARI PER CONTRASTARE CARO-ENERGIA
Nel 2022, secondo anno di attuazione del regime di riconoscimento automatico dei bonus, sono stati erogati complessivamente 6.207.263 bonus per disagio economico: 3.766.105 bonus elettrici (+51,4% rispetto al 2021) e 2.441.158 bonus gas (+58,7%) per un valore complessivo di oltre 2.162 milioni di euro (circa 1.313 milioni di euro per i bonus elettrici e a circa 849 milioni di euro per i bonus gas diretti). Resta “a domanda” attraverso il sistema SGATE il bonus per disagio fisico, che nel 2021 è stato riconosciuto a 52.176 famiglie (+24,33%).
A partire dal 1° ottobre 2021, una serie di previsioni legislative ha disposto il rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas su base trimestrale, finanziato con fondi del bilancio dello Stato trasferiti alla Cassa per i servizi energetici e ambientali. L’Autorità ha, quindi, introdotto la componente compensativa integrativa (CCI), aggiuntiva al bonus “ordinario” e aggiornata ogni trimestre. Sempre in quest’ottica, il Governo ha adottato ulteriori misure urgenti per contrastare gli effetti economici della crisi ucraina prevedendo, in particolare, di innalzare, per il periodo 1° aprile-31 dicembre 2022, la soglia ISEE per poter accedere al bonus sociale elettrico e gas a 12.000 euro (salita poi a 15.000 euro per il 2023, 30.000 euro per le famiglie numerose).
SPORTELLO PER IL CONSUMATORE ENERGIA E AMBIENTE: RECUPERATI 19,8 MILIONI DI EURO ATTRAVERSO LA CONCILIAZIONE. RADDOPPIATO IL NUMERO DI CHIAMATE, IL 96% RIGUARDA LUCE E GAS
Nel 2022, il call center ha ricevuto ha ricevuto 1.254.318 chiamate in orario di servizio (+99% rispetto al 2021), con un tempo medio di conversazione di 238 secondi (erano 241 nel 2021). In linea con gli anni precedenti, il 96% delle chiamate ha interessato i settori dell’energia elettrica e del gas e il bonus sociale resta la tematica più ricorrente con il 68% dei contatti mentre le restanti (risoluzione controversie, pratiche aperte, Portali e Servizio a tutele graduali) si fermano al 32%. Le richieste scritte di informazione sono state 57.710 (quasi il triplo rispetto al 2021) e hanno interessato in larga parte i settori energetici (55.422), a fronte di 2.139 richieste per il settore idrico e 149 richieste per il telecalore. I primi cinque argomenti oggetto delle richieste sono stati: bonus sociale (58%), fatturazione (11%), mercato (10%), contratti (10%) e morosità e sospensione (5%). Le richieste di attivazione di procedure speciali informative per i settori energetici, nel 2022, ammontano a 41.958, in lieve flessione rispetto al 2021 (-4%).
Nel 2022, il Servizio conciliazione ha ricevuto 24.339 domande (+19% rispetto al 2021), per una media di 108,3 domande su giorni lavorativi. Il 53% delle domande ha interessato il settore elettrico (+5% rispetto al 2021), mentre al gas è riconducibile una quota pari al 22% (-3,5%), il settore idrico si attesta al 13% (-5%). Le domande presentate da clienti dual fuel e dai prosumer, infine, coprono una quota pari, rispettivamente, all’11% e all’1%. Il 73% delle domande ricevute ha interessato utenze domestiche. Il tasso di accordo si attesta al 69% (-1% rispetto al 2021) con un tempo medio di conclusione di 54 giorni (4 in meno rispetto all’anno precedente). Guardando ai tre principali settori per numero di domande, è l’idrico a fare registrare il tasso di accordo maggiore (75%) su procedure concluse relative a tale settore, seguito dal gas (72%) e dall’elettrico (65%).
Nel 2022 è di oltre 19,8 milioni di euro la “compensation”, ossia il corrispettivo economico ottenuto dai clienti o utenti finali mediante l’accordo di conciliazione (sotto forma di valore recuperato anche rispetto al valore della controversia oppure di rimborsi, indennizzi, ricalcolo di fatturazioni errate, rinuncia a spese e interessi moratori ecc.).
CONTENZIOSO: DALL’AVVIO DELL’AUTORITA’ VALIDE IL 97,4% DELLE DELIBERE APPROVATE, NEL 2022 CRESCONO I RICORSI
Su un totale di 12.524 delibere approvate dall’Autorità fin dal suo avvio (aprile 1997-31 dicembre 2022), ne sono state impugnate 1.363, pari al 10,9%, e ne sono state annullate in via definitiva (con sentenza passata in giudicato), in tutto o in parte, 320, pari al 23,5% del totale delle delibere impugnate e al 2,6% di quelle adottate. Pertanto, l’indice di resistenza delle delibere dell’Autorità al controllo giurisdizionale si attesta attorno al 97,4%.
Nell’anno 2022 si è registrato un aumento del contenzioso in termini di numero di ricorsi rispetto all’anno precedente. A causa principalmente dell’impugnazione, da parte dei produttori titolari di fonti rinnovabili della delibera sul meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia elettrica immessa da alcune tipologie di impianti FER, introdotta in attuazione di un provvedimento del Governo, nel 2022 si sono infatti registrati 1.081 ricorsi totali (950 direttamente legati a questa fattispecie), rispetto ai 74 ricorsi totali nel 2021 (144 nel 2020).
ELETTRICITA’
ELETTRICITA’: NEL 2022 INTERVENTI PUBBLICI HANNO RIDOTTO BOLLETTA PER I CLIENTI DOMESTICI, CONTRASTANDO PREZZI PIU’ ALTI RISPETTO ALLA MEDIA AREA EURO
Nel corso del 2022 i diversi interventi pubblici hanno ridotto la bolletta finale dei clienti domestici, contrastando gli alti prezzi della fase di crisi. Nel caso italiano, infatti, molti degli interventi hanno garantito un contenimento dei prezzi anche a valle della loro formazione, attraverso soprattutto lo strumento dei bonus che ha protetto in modo selettivo fasce sempre più ampie di consumatori in difficoltà economiche. In altre esperienze europee l’intervento è stato invece a monte, incidendo direttamente sulla formazione del prezzo nei mercati all’ingrosso.
I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici nel 2022 (senza quindi considerare gli effetti dei bonus per il nostro Paese) fanno registrare aumenti del +40% in Italia e del +13% nell’Area euro (con prezzi medi finali pari a 36,43 c€/kWh in Italia e a 27,94 c€/kWh nell’Area euro), mentre nel 2021 gli aumenti in Italia e nell’Area euro si erano mantenuti nell’intorno del +5%. In entrambi i casi l’aumento dei prezzi lordi è dovuto alle sensibili variazioni dei prezzi netti (prezzi di energia e vendita e costi di rete), superiori in Italia (+72%) rispetto all’Area euro (+43%) e in parte compensate dagli effetti delle pur significative misure di riduzione della componente oneri e imposte adottate (-35% in Italia e -40% nell’Area euro).
Il differenziale dei prezzi lordi rispetto all’Area euro, che si era mantenuto inferiore al +6,5% negli anni 2020 e 2021, per l’Italia nel 2022 raggiunge , in media, quota +30% ed è positivo per tutte le classi: si verifica pertanto una inversione di tendenza (rispetto al percorso di miglioramento relativo dei prezzi avviato nel 2017), in particolare, nelle classi DB (consumi da 1.000 a 2.500 kwh/a) e DC (consumi da 2.500 a 5.000 kWh/a), nella quali si concentrano i maggiori consumi nel nostro Paese, dove il differenziale per i prezzi lordi era rimasto debolmente negativo nei due anni precedenti.
In relazione ai prezzi netti, i differenziali si confermano come nel 2021 positivi rispetto all’Area euro per tutte le classi di consumo, con valori quest’anno prossimi al 30% in tutte le classi eccetto che nell’ultima, dove risultano pari al +43%; nelle classi DB e DC, in particolare, i differenziali erano pari rispettivamente al +7% e al +3% nel 2021. L’ultima classe, che rappresenta una quota residuale dei consumi, è quella interessata dai maggiori divari nei prezzi di energia e vendita (+62%), compresi tra il +50% e il +55% nelle altre classi.
Guardando alla classe di consumo intermedia DC (2.500-5.000 kWh/a) – rappresentativa del cliente domestico, in quanto oltre ad avere il maggior peso in termini di energia venduta (41%) include il cliente tipo normalmente di riferimento per l’Autorità – il prezzo lordo è aumentato del 46%, a fronte di un incremento medio nell’Area euro del 13% e di aumenti molto più contenuti nei paesi principali (+9% in Spagna, +8% in Francia e +3% in Germania).
Sempre guardando ai valori al lordo delle imposte, le famiglie italiane con consumi in questa classe, pagano un prezzo di 33,71 c€/KWh che corrisponde al 58% in più delle francesi e al 9% in più delle spagnole, mentre è del tutto confrontabile con il prezzo pagato dalle famiglie tedesche, rispetto al quale lo scarto positivo è limitato al 2% circa.
ELETTRICITA’: IN ITALIA CALANO CONSUMI E PRODUZIONE (-1%), METÀ DELLA PRODUZIONE ANCORA DA GAS (48,5%). RINNOVABILI SCENDONO AL 35%, PESA IL CALO DELL’IDROELETTRICO PER SICCITA’ (-37,8%). CRESCE IL FOTOVOLTAICO (+12,3% SUL 2021). STABILE L’EOLICO.
I consumi di energia elettrica si sono ridotti dell’1,1%; la diminuzione dei consumi elettrici è stata più sensibile nell’industria (-3,9%), nel residenziale (-2,8%) e nell’agricoltura (-1,7%), in aumento invece nel settore terziario (+4%).
La domanda nazionale è stata soddisfatta per poco più dell’86% dalla produzione nazionale, mentre per la parte rimanente dal saldo con l’estero. Questi valori sono in linea con quelli del 2021 (ma nel 2020 la quota di produzione nazionale era stata invece del 90%). La produzione nazionale è diminuita dell’1%, mentre le importazioni sono cresciute dell’1,8% e le esportazioni del 16,4%.
La produzione nazionale lorda nello specifico è passata dai 289,1 TWh del 2021 ai 286,9 TWh del 2022 (-1%).
La produzione termoelettrica è aumentata del 7,9%, dopo la crescita del 5,2% lo scorso anno per lo scarso contributo dell’idroelettrico. A causa della crisi nel mercato del gas, aumenti molto significativi si sono registrati nella produzione da solidi (+84,9%), da prodotti petroliferi (+91,5%) e da altre fonti di energia (+38,6%), mentre il gas naturale ha visto una diminuzione del 3,7%, anche se tale fonte ha continuato a garantire poco meno della metà della produzione lorda (48,5%, era 49,5% nel 2021).
Le fonti rinnovabili sono risultate in calo del 13,9%, ma al loro interno il fotovoltaico è cresciuto del 12,3%. In particolare: generazione idroelettrica -37,8%, data l’emergenza idrica registrata nel 2022; generazione da bioenergie -8,5%, da eolico -1,8% e da geotermico -1,7% rispetto al 2021.
Le rinnovabili hanno contribuito per circa il 35% al mix della produzione elettrica nazionale, meno che nel 2021 (quando tale quota era del 40%).
Enel è tornato a essere il primo operatore nella generazione termoelettrica (nel 2021 per la prima volta era stata prima ENI) coprendo il 18,3% della produzione nazionale lorda, mentre per Eni, secondo operatore, la quota è pari al 13,9% (lo scorso anno la stessa si attestava al 15,8%).
Enel si è confermata anche il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili con il 21,5% della generazione lorda, in particolare con una quota significativa nell’idroelettrico (39,8%, in diminuzione rispetto al 41,2% dell’anno precedente) e la totalità di quelle nel geotermico. Tra i principali 15 gruppi che hanno contribuito alla produzione da energia rinnovabile c’è anche Eni che è il decimo operatore con generazione da eolico, solare e bioenergie. Significativa, come già negli anni passati, la quota nell’eolico di Erg pari all’11,7%, nonché quella di Edison che è pari al 9,5%.
Per l’anno 2022, i costi derivanti dall’incentivazione delle fonti rinnovabili sono risultati pari a circa 6,4 miliardi di euro, in rilevante calo rispetto agli anni precedenti (10,5 miliardi di euro nel 2021), per effetto degli elevati prezzi di mercato dell’energia elettrica. Nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2021 e il 31 marzo 2023 alcuni di questi costi, quelli relativi ai regimi commerciali speciali (prezzi minimi garantiti e scambio sul posto) sono stati posti a carico della fiscalità generale.
ELETTRICITA’: AUMENTA LO SWITCHING, ORMAI 64,8% DEI CLIENTI DOMESTICI HA SCELTO IL MERCATO LIBERO. PREVALGONO OFFERTE A PREZZO FISSO
Nel 2022 il numero di punti di prelievo domestici è risultato pari a 30,1 milioni, di cui 10,6 serviti in maggior tutela e 19,5 milioni nel mercato libero. I punti domestici serviti nel mercato libero sono ormai saliti al 64,8% (dato che aggiornato a marzo 2023 arriva al 69,3%).
Se poi si guarda ai volumi, il mercato libero è ancor più ampio: nel 2022, infatti, l’energia acquistata dal settore domestico in questo mercato è salita al 68,5% dal 61% dell’anno precedente. I punti di prelievo domestici che si riforniscono nel servizio di maggior tutela sono ancora poco meno di un terzo del totale.
Nel 2022 la quota delle famiglie che acquistano l’elettricità nel mercato libero ha superato il 50% in tutte le regioni (nel 2021 mancava la Sardegna). Le regioni in cui più del 65% dei punti di prelievo domestici è servito nel libero sono otto, erano due nel 2021.
Lo switching delle famiglie è nuovamente cresciuto, sia in termini di punti di prelievo, sia in termini di volumi, avvicinandosi a quello delle utenze non domestiche. Il 17,9% dei clienti domestici – circa 5,3 milioni di punti di prelievo – ha cambiato fornitore almeno una volta nel corso dell’anno. Negli ultimi anni l’attività di switching delle famiglie ha confermato una certa accelerazione rispetto a un trend più modesto mantenuto sino al 2018.
Anche nel 2022, il numero di operatori è salito, benché in misura minore rispetto agli ultimi anni per un totale di 560 venditori attivi. 15 imprese hanno avviato l’attività di vendita nel mercato libero elettrico: tra loro, molte sono società che erano già presenti nei mercati energetici con altre attività. Risultano 66 imprese aver cessato l’attività, un numero molto più ampio del passato perché include le molte operazioni di rettifica sulle attività di società che sono avvenute a seguito dell’entrata in operatività dell’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica ai clienti finali (EVE) del Ministero della transizione ecologica.
Il gruppo Enel rimane, come sempre, l’operatore dominante dell’intero mercato elettrico italiano, quest’anno con una quota in aumento al 36,2% dal 34,4% del 2021 (dopo diversi anni di leggera discesa), grazie a un incremento delle vendite totali del gruppo discretamente positivo, pari al 4,8%. A fronte di crescite molto consistenti nelle vendite ai clienti in media tensione (+19%) e in alta tensione (+31,5%), risultano però riduzioni di quelle ai domestici (-6,3%) e una crescita molto più modesta tra i non domestici in bassa tensione (+3%).
Con una quota del 7,1% il gruppo A2A si è confermato nella seconda posizione della classifica complessiva che ha raggiunto nel 2021, superando il gruppo Edison (5,3%) da sempre il primo gruppo inseguitore dell’incumbent.
Nel 2022 il livello di concentrazione del mercato totale è tornato a crescere leggermente: la quota dei primi tre operatori (gruppi societari), è salito al 48,7% delle vendite complessive, mentre era al 46% nel 2021.
Il 76,7% dei clienti domestici ha sottoscritto nel mercato libero un contratto a prezzo fisso (cioè con il prezzo che non cambia per almeno un anno dal momento della sottoscrizione), mentre il 23,3% ha scelto un contratto a prezzo variabile, ovvero con il prezzo che cambia con tempi e modalità stabilite dal contratto stesso. La preferenza verso il prezzo variabile è cresciuta, anche in ragione delle particolari condizioni di mercato nel 2022; nel 2021 il contratto a prezzo variabile risultava scelto dal 18,6% dei clienti domestici.
Il 2,5% dei clienti domestici ha sottoscritto un contratto che prevede una clausola di durata minima contrattuale, nel senso che per l’applicazione del prezzo stabilito è previsto che il cliente non cambi fornitore per un minimo di tempo stabilito dal contratto stesso.
L’indicizzazione all’andamento del PUN medio (in diverse forme) è la modalità largamente più frequente sia nei contratti ai clienti domestici, sia in quelli ai clienti non domestici.
Per la prima volta dall’avvento della liberalizzazione delle forniture di energia elettrica ai clienti domestici, il mercato libero ha presentato per tutte le classi valori di prezzo notevolmente inferiori al servizio di maggior tutela, per effetto della predominanza dei contratti a prezzo bloccato nel mercato libero, che hanno contenuto o ritardato, almeno nell’immediato, gli effetti sui clienti finali degli enormi rialzi delle quotazioni nei mercati all’ingrosso evidenziati in precedenza.
GAS
GAS: CONTRAZIONE GLOBALE DEI CONSUMI. IN EUROPA RIBASSI MAGGIORI (-14%), AUMENTA LA PRODUZIONE (+3,6%) E CALANO LE IMPORTAZIONI, MA GNL +63%.
A livello mondiale vi è stata una contrazione dell’1,5% circa dei consumi mondiali di gas, ma l’Europa ha conosciuto il maggior calo percentuale segnando il -14,0%. In Asia Pacifico e Cina, la diminuzione della domanda è stata rispettivamente di -1,6% e -0,8%, in quest’ultimo caso con il primo calo della domanda dopo due decenni. Gli USA, invece, hanno visto un sensibile incremento della domanda (+5,4%), determinato soprattutto dagli impieghi nel settore termoelettrico a seguito di un minor utilizzo del carbone per l’aumento del suo prezzo in confronto a quello del gas americano. Considerando i primi cinque mercati dell’Unione europea per dimensione, Germania, Italia, Francia, Olanda e Spagna, si osserva come la riduzione dei consumi si muova in un intervallo che va da un minimo di -3,8% della Spagna fino al -22% dei Paesi Bassi. L’Italia registra un – 9,9% e la Germania -15,3%. Nel Regno Unito la domanda si è ridotta del 7% circa.
In termini di produzione mondiale di gas, essa è risultata costante, ma al suo interno è aumentata la produzione di gas non convenzionale, passata dal 25% del totale 2021 al 31%. In Europa, la produzione è cresciuta del 3,6%, grazie all’apporto di Norvegia e Regno Unito. L’UE-27 ha segnato invece una diminuzione del -7,7%, cui ha contribuito la programmata discesa della produzione del giacimento di Groningen in Olanda.
A seguito della guerra in Ucraina, è cambiato il sistema di approvvigionamento europeo, in termini di flussi commerciali del gas scambiato a livello internazionale: c’è stato un massiccio ricorso al GNL disponibile sul mercato internazionale, sono stati realizzati e/o programmati nuovi terminali di rigassificazione (galleggianti e su terraferma); in secondo luogo, vi è stato l’aumento, dove possibile, delle importazioni via gasdotto alternative al gas russo.
Nel 2021, l’UE-27 aveva importato circa 375 miliardi di m3 (al lordo delle riesportazioni), l’80% via gasdotto e il 20% tramite GNL. Nel 2022 le importazioni complessive sono diminuite a circa 360 miliardi di m3 (-3,6%), di cui il 64% via gasdotto e il 36% attraverso il GNL. Le importazioni tramite gasdotto si sono ridotte del 21% circa (-63 miliardi di m3). La decisione dell’UE di sostituire nel breve-medio termine le importazioni dalla Russia ha portato a una riduzione dei flussi da quel paese di circa 80 miliardi di m3. Nel 2021 la Russia pesava per il 50% circa delle importazioni UE via gasdotto, nel 2022 ha inciso per il 28%. È proprio con il GNL che, complice il calo della domanda, l’Unione europea è riuscita a sostituire il gas russo e a procedere nel corso dell’anno al riempimento degli stoccaggi. Nel 2022 l’UE ha importato circa 130 miliardi di m3 di GNL, con un incremento del 63% rispetto al 2021 (80 miliardi di m3), dirottando in Europa flussi originariamente destinati all’Asia, dove nel frattempo la concorrenza dei prezzi record europei ha causato drastici cali di queste importazioni.
Il 46% del GNL importato in UE-27 è provenuto dalle Americhe, in particolare dagli Stati Uniti, il 21% dall’Africa, il 15% dal Medio Oriente e il 15% dalla Russia con un incremento del 35% (+5 miliardi di m3) rispetto al 2021. Volumi aggiuntivi via gasdotto sono arrivati invece dalla Norvegia (+7 miliardi di m3) e dall’Azerbaijan (+3 miliardi di m3), mentre dall’Algeria c’è stato lo spostamento dei flussi dalla Spagna all’Italia, con un leggero calo nel complesso.
GAS: CON SCOPPIO DELLA GUERRA QUOTAZIONI RECORD SUI MERCATI, PUNTE ANCHE DI 320 €/MWh. PREZZI ALTI ANCHE PER IMPORTAZIONI
A fine 2021 i prezzi ai principali hub europei avevano raggiunto 115 €/MWh, per poi cedere qualcosa. Con lo scoppio della guerra in Ucraina in marzo raggiungevano i primi record a 120-130 €/MWh, con punte sui 200 €/MWh. Nel corso dell’estate la progressiva riduzione di gas russo e la necessità di procedere rapidamente al riempimento degli stoccaggi che stava avanzando a ritmi troppo bassi, determinavano un forte squilibrio domanda/offerta che, insieme ad alcuni fattori congiunturali, spingevano i prezzi spot su livelli mai raggiunti prima: ad agosto, 230 €/MWh circa in media mensile, con punte giornaliere vicine ai 320 €/MWh, vale a dire un valore pari a quasi quindici volte il prezzo medio nel decennio 2011-2021. Dopo un calo nel primo autunno, le quotazioni del gas hanno ripreso a salire progressivamente a causa dell’aumento della domanda per riscaldamento e per un’incertezza dell’offerta senza precedenti, cui hanno contribuito anche problemi nelle centrali nucleari francesi. Nella prima metà di dicembre i prezzi del PSV (il mercato all’ingrosso italiano) hanno nuovamente raggiunto i 140 €/MWh, con un aumento del 55% rispetto alla media di novembre. Il PSV ha chiuso l’anno con un valore medio di 124,8 €/MWh, +167% rispetto al 2021 (47,2 €/MWh) e quasi 8 volte la media del 2019 (16,4 €/MWh).
I livelli record delle quotazioni agli hub si ripercuotevano gradualmente anche sui prezzi medi di importazione alle frontiere. Il valore medio indicativo del gas alle frontiere importato in Europa ha raggiunto i massimi in settembre e ottobre (155-160 €/MWh), mentre quello alla frontiera italiana indicativamente in settembre (134 €/MWh). L’indice BAFA, che rappresenta il prezzo mensile di importazione della Germania, media tra i valori del gas importato con contratti pluriennali e a breve termine, segna il massimo di 149 €/MWh in agosto, anche se, come gli altri indicatori dei prezzi alla frontiera, rimane quasi costantemente inferiore ai prezzi spot agli hub.
GAS: NEL 2022 IN ITALIA CROLLANO I CONSUMI A -10%, 99% DEL GAS IMPORTATO: DIMEZZATO GAS DALLA RUSSIA CHE RESTA SECONDO FORNITORE, PRIMO L’ALGERIA, TERZO L’AZERBAIGIAN CON IL GASDOTTO TAP, CRESCE LA NORVEGIA. TRIPLICATO L’EXPORT DI GAS ITALIANO VERSO L’ESTERO
Nel 2022 il consumo netto di gas naturale è diminuito di 7,5 miliardi di metri cubi, attestandosi a 67,3 miliardi di metri cubi (-10% rispetto al 2021). I consumi del settore industriale sono scesi del -15,5% e quelli della generazione termoelettrica del -4,1%. Livello minimo raggiunto anche per ‘Commercio e servizi’, dopo il rimbalzo post pandemia del 2021, segnando un -15%. Altrettanto è accaduto per i consumi di gas legati ai trasporti a -18% e il settore domestico, che tra misure per il contenimento dei consumi e inverno tra i più miti scendono del 13,5%.
Rallenta ma non si arresta la discesa della produzione nazionale che nel 2022 registra un -2,7% rispetto al 2021. Sono stati complessivamente estratti 3,4 miliardi di metri cubi di gas naturale: 1,75 miliardi dal mare e 1,65 dai campi situati in terraferma. Il grado di dipendenza dell’Italia dalle forniture estere è salito alla quasi totalità 99% (dal 93,5% del 2021). Eni controlla il 66% circa della produzione nazionale, dal 70% dell’anno precedente, a distanza il gruppo Royal Dutch Shell stabile al 16%. Stabili le importazioni lorde a 72,6 miliardi di metri cubi, ma aumenta l’indipendenza da quelle russe (dimezzate dal 40% a poco meno del 20% del totale). L’Algeria è diventato il primo paese fornitore con circa il 36%, segue la Russia e poi l’Azerbaigian con circa il 15%. Nella classifica vi sono poi: il Qatar, da cui arriva il 10% del gas complessivamente importato in Italia (9,4% nel 2021), seguito dalla Norvegia (passata dal 2,7% del 2021 all’8,6% del 2022) e poi la Libia stabile al 4,3%, con nuove rotte di GNL dall’Africa in fase di negoziazione a livello governativo. Dei 73 miliardi di m3 di gas importato in Italia, 14,5 (erano 9,9 nel 2021) miliardi di m3 sono giunti via nave. Accanto alle tradizionali – e maggioritarie – provenienze da Qatar, Algeria e Stati Uniti che insieme incidono per l’88% di tutto il GNL importato, nell’importazione via nave degli ultimi anni stanno assumendo importanza altri paesi: Spagna, Egitto e Nigeria.
Arretra notevolmente Eni, che rimane al primo posto delle imprese importatrici, con una quota di mercato del 41,9% (48,4% nel 2021). Insieme i primi tre importatori hanno approvvigionato il 70,1% del gas entrato nel mercato italiano (era 72,4% nel 2021). I volumi di gas esportato sono triplicati rispetto al 2021, salendo da 1,5 a 4,6 miliardi di m3. Alla crescita hanno probabilmente contribuito la ridotta disponibilità di energia elettrica prodotta dagli impianti nucleari francesi e la siccità che ha causato un calo della produzione idroelettrica, in particolare nel sud dell’Europa. In aumento anche i volumi immagazzinati che a fine anno sono risultati di circa 2,6 miliardi di m3 superiori ai quantitativi di inizio anno, anche per effetto delle misure governative prese per assicurare un elevato livello di riempimento. Nell’anno termico 2022-2023 lo spazio complessivo del sistema di stoccaggio è stato di 17,7 miliardi di m3, comprensivi dei 4,6 miliardi di riserva strategica.
GAS: SALGONO A 512 LE IMPRESE ATTIVE. AUMENTA IL LIVELLO DI CONCENTRAZIONE DEL MERCATO. OLTRE IL 66% DELLE FAMIGLIE È SUL MERCATO LIBERO
Nel settore della vendita, su un totale di 512 imprese attive (+23 rispetto al 2021) soltanto 30 (il 5,9% nel 2021) hanno venduto oltre 300 milioni di metri cubi, coprendo l’85,3% di tutto il gas acquistato nel mercato al dettaglio.
Nel 2022 il livello della concentrazione nel mercato della vendita finale è leggermente aumentato. I primi tre gruppi controllano il 44,3%, mentre nel 2021 la quota era pari al 43,4%. Considerando i primi cinque gruppi, la porzione di mercato servita sale al 55,4% (contro il 53,9% del 2021). A distanza di solo mezzo punto percentuale la quota di Eni (15,9%) e quella di Edison (15,4%). Al contrario, si allarga la forbice tra Edison (15,4%) ed Enel (13%), che passa dall’1,5% al 2,4%.
Nel 2022 la quota delle famiglie che hanno acquistato il gas nel servizio di tutela è scesa al 33,2% (era il 36,6% nel 2021).
Il numero di clienti che ha cambiato fornitore nell’anno solare 2022 è stato di circa 2,8 milioni, con una percentuale di switching complessivamente del 13,7% (dal 11,6% del 2021) e corrispondente a una porzione di volumi del 12,5% (era 13,4% nel 2021). La categoria che ha effettuato più cambiamenti di fornitore è quella dei condomini (24,1%).
GAS: NEL 2022 INTERVENTI PUBBLICI HANNO RIDOTTO BOLLETTA PER I CLIENTI DOMESTICI, CONTRASTANDO PREZZI PIU’ ALTI RISPETTO ALLA MEDIA AREA EURO, TAGLI FISCALI PIU’ ALTI DELL’AREA EURO
Come per l’elettrico, nel corso del 2022 i diversi interventi pubblici hanno ridotto la bolletta finale dei clienti domestici, contrastando gli alti prezzi della fase di crisi. Nel caso italiano infatti molti degli interventi hanno garantito un contenimento dei prezzi anche a valle della loro formazione, attraverso soprattutto lo strumento dei bonus che ha protetto in modo selettivo fasce sempre più ampie di consumatori in difficoltà economiche. In altre esperienze europee l’intervento è stato invece a monte, incidendo direttamente sulla formazione del prezzo nei mercati all’ingrosso. Per l’Italia inoltre ha pesato una dipendenza più forte dal gas come fonte diretta di consumo o di generazione elettrica, mentre altri grandi paesi europei hanno potuto fare affidamento ad altre fonti meno impattate dalla crisi (ad es. nucleare in Francia o carbone in Germania)
Ne risulta che anche nel 2022 i prezzi del gas naturale per i consumatori domestici italiani (senza quindi considerare gli effetti dei bonus per il nostro Paese), comprensivi di oneri e imposte, sono stati più alti della media dei prezzi dell’Area euro per tutte le classi di consumo anche a fronte dei prezzi più elevati mai registrati. Per la prima classe di consumo (< 520 m3/anno), in particolare, si è registrato un lieve aumento dei prezzi lordi, +6% rispetto all’Area euro (era +11% nel 2021). Per la classe dove si presenta la quota maggiore del totale dei consumi domestici (la classe 520-5.200 m3/anno con il 71,8% dei consumi), si riduce di poco il divario con la media dei prezzi lordi dell’Area euro, passando al +9% (era il +12%). Per la classe oltre 5.200 m3/a (perlopiù riscaldamenti centralizzati) il valore è stato invece del +29%, in aumento rispetto al +21% dell’anno precedente.
In termini di prezzi netti il differenziale con l’Area euro è aumentato per tutte le classi di consumo.
La componente oneri e imposte cala per tutte e tre le classi, e il differenziale con l’Area euro, che era ancora pari al +9% nel 2021, diviene fortemente negativo e pari in media al -31% rispetto alla media Area euro: il vantaggio risulta superiore per i clienti domestici della prima classe (con un differenziale del -85%) rispetto a quelli della seconda classe (-29%), mentre l’ultima classe presenta un differenziale blandamente positivo (+3%).
Gli esiti di cui sopra sono dovuti a dinamiche di aumento dei prezzi netti, sia in Italia che nell’Area euro, verificatesi però in modo più marcato in Italia (in media +81% contro +55%), a fronte di un calo delle componenti fiscali, quale conseguenza delle misure di sostegno adottate, più significativo in Italia (in media -45%) che nell’Area euro (in media -14%). Guardando al confronto con i principali paesi europei, il prezzo italiano lordo (11,1 c€/kWh) risulta in media quello più elevato, con differenze positive trascurabili rispetto alla Spagna (11,02 c€/kWh), più elevate rispetto alla Francia (9,59 c€/kWh) e massime rispetto alla Germania (8,53 c€/kWh).
Per la classe di consumo più bassa il prezzo italiano (13,85 c€/kWh), comprensivo delle imposte, rimane inferiore, come in passato, solo a quello francese (14,97 c€/kWh). Nella seconda classe il prezzo spagnolo, che era più elevato di quello italiano nel 2021, risulta nel 2022 marginalmente più conveniente (10,32 c€/kWh) di quello del nostro Paese (10,4 c€/kWh). I prezzi più convenienti si confermano, in tutte le classi, quelli tedeschi. Si segnala un miglioramento delle differenze rispetto ai prezzi tedeschi (da +29% a +19%) e spagnoli (da +8% a +1%) con riferimento alla prima classe di consumo.
SERVIZIO IDRICO
ACQUA: SPESA PER INVESTIMENTI SALE A 13,5 MILIARDI DI EURO. REALIZZATI GLI INTERVENTI PROGRAMMATI
A partire dal mese di luglio 2022, l’Autorità ha condotto le istruttorie per l’approvazione dell’aggiornamento biennale (2022-2023) delle predisposizioni tariffarie di 48 gestioni (che interessano poco meno di 27 milioni di abitanti). Rispetto al 2021, la variazione media dei corrispettivi applicati all’utenza risulta pari a +4,97% con una certa eterogeneità a livello geografico: +3,32% nell’area Sud e Isole, +4,42% nel Nord-Est, +5,36% nel Centro, e a+6,26% nel Nord-Ovest. Sulla base dei programmi degli interventi (che insieme ai piani delle opere strategiche fanno parte degli atti che costituiscono lo schema regolatorio di ciascuna gestione) trasmessi all’Autorità, gli investimenti programmati (al netto di contributi pubblici) si attestano a 208 euro/abitante a livello nazionale (corrispondenti a 52 €/ab/anno), con i valori più alti registrati al Centro (286 €/ab) e quelli più bassi nell’area Sud e Isole (132 €/ab). Tenuto conto anche della disponibilità di fondi pubblici, la spesa per investimenti ammonta complessivamente a 13,5 miliardi di euro per il quadriennio (2020-2023). Le verifiche compiute con riferimento ai costi delle immobilizzazioni computati in tariffa hanno confermato i generali miglioramenti nella capacità di realizzazione degli investimenti programmati. Il tasso di realizzazione è infatti risultato (considerando complessivamente gli investimenti nel biennio 2020-2021) pari quasi al 100%, con un valore più contenuto per i gestori operanti nell’area Sud e Isole.
ACQUA: 326 €/ANNO LA SPESA MEDIA PER LA FAMIGLIA TIPO DI 3 PERSONE. NONOSTANTE I MIGLIORAMENTI, PERMANGONO CRITICITÀ SU INTERRUZIONI E RETE FOGNARIA SOPRATTUTTO AL SUD E NELLE ISOLE
Nel 2022, la spesa media sostenuta da una famiglia di 3 persone, con consumo annuo pari a 150 m3, risulta a livello nazionale pari a 326 euro/anno (2,17 euro per metro cubo consumato). Il dato è riferito a un campione di 63 gestioni (che erogano il servizio a circa 34 milioni di abitanti), con valore più contenuto nel Nord-Ovest (232 euro/anno) e più elevato nel Centro (390 euro/anno), area quest’ultima in cui i soggetti competenti hanno programmato, per il periodo 2020-2023, una maggiore spesa pro capite per investimenti da finanziare attraverso tariffa. Il valore, invece, si ferma a 132 euro/abitante nell’area Sud e Isole. Guardando le voci che compongono la bolletta degli utenti domestici, sempre con consumi pari a 150 m3/anno, risulta che il 39,2% circa della spesa è imputabile al servizio di acquedotto, per il quale si spendono a livello nazionale 127,7 euro/anno, il 12,1% è invece attribuibile al servizio di fognatura (39,4 euro/anno) e il 29,2% a quello di depurazione (95,3 euro/anno). Infine, la quota fissa pesa per il 10,4% (33,9 euro/anno) e le imposte per il 9,1% (29,6 euro/anno). Nel 2022, l’Autorità ha condotto un ulteriore approfondimento sugli aspetti tecnici ed infrastrutturali sui più recenti dati a disposizione (2021) che, rispetto alla precedente Relazione, sono riferiti a un campione di gestioni più ampio, fissando come anno base per i confronti il 2016 (primo anno di rilevazione dei macro-indicatori di qualità tecnica). Nello specifico, la media nazionale delle perdite idriche si attesta in media al 41,8% pari a 17,9 m3/km/gg, quest’ultimo dato mostra un miglioramento del 12% rispetto all’anno base sebbene persistano forti differenze a livello geografico (il c.d. water service divide). Lo stesso disallineamento a livello territoriale si riscontra anche nei dati relativi alle interruzioni di servizio, fortemente condizionati da alcune situazioni critiche a livello territoriale, che presentano valori mediamente bassi nel Nord Ovest (0,66 ore/anno) e nel Nord Est (0,68 ore/anno), valori superiori nel Centro (31,55 ore/anno) e più elevati nel Sud e Isole (204,69 ore/anno). Tuttavia, questo dato presenta una riduzione media rispetto al 2016 del 32%. Infine, per quanto riguarda il sistema fognario, nonostante i miglioramenti rispetto all’anno base, i dati evidenziano una quota di inadeguatezza degli scaricatori di piena (cioè gli apparati per evitare il sovraccarico e gli sversamenti dalle fognature in caso di forti precipitazioni) che nel Sud e nelle Isole risulta quasi il doppio di quella delle altre aree del Paese. In media a livello nazionale, il 20% degli scaricatori di piena risulta da adeguare alla normativa vigente, mentre gli allagamenti e sversamenti da fognatura sono pari a 4,6 ogni 100 km di rete fognaria (con un picco di 10 ogni 100 km nel Sud e Isole). L’analisi del fabbisogno di investimenti (al lordo dei contributi) condotta sul biennio 2022-2023, periodo di aggiornamento delle pianificazioni, conferma, a livello nazionale, la concentrazione degli sforzi dei gestori al contenimento del livello di perdite idriche che assorbono il 27% del totale delle risorse programmate (da quota 22% rispetto all’analisi dello scorso anno). A seguire, gli investimenti per il miglioramento della qualità dell’acqua depurata al 16,1% (erano a 18,1%), quelli per la riduzione delle interruzioni idriche 15,3% (13,5%) e gli interventi per l’adeguamento del sistema fognario al 13,5% (13,9%). La quota di investimenti in infrastrutture del servizio idrico integrato non riconducibili direttamente a specifici obiettivi di qualità tecnica fissati dall’Autorità si ferma al 10,5%. In termini generali di servizio, il quadro nazionale del biennio è maggiormente orientato sugli investimenti pianificati nelle infrastrutture acquedottistiche (45,6%) rispetto a quelli previsti nelle reti fognarie e negli impianti di depurazione (nel complesso il 40,66%), pur permanendo differenze tra singole aree geografiche: nel Nord-Ovest è stato espresso un maggiore fabbisogno nelle fasi di fognatura e depurazione, mentre nel Centro Italia la forbice tra le due fasi aumenta a favore delle infrastrutture di acquedotto.
RIFIUTI: ANCORA IN AUMENTO IL NUMERO DEGLI OPERATORI CHE SALE A 8.100 MA IL 66% SVOLGE SOLO UN’ATTIVITÀ. IL METODO TARIFFARIO COPRE IL 90% DEGLI ABITANTI.
Nel 2022 con l’approvazione della nuova metodologia tariffaria MTR-2, ha preso avvio il secondo periodo di regolazione tariffaria per il servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani e caratterizzato dalla pianificazione economico-finanziaria del servizio su un orizzonte pluriennale estesa al quadriennio 2022-2025, continuando ad interessare una platea molto consistente di Enti competenti (3.550) e ambiti tariffari. A conferma della significativa parcellizzazione del servizio, l’analisi del numero e della tipologia di attività svolta da tutti i gestori iscritti (8.101) mostra inoltre che, nella maggioranza dei casi (66,6%), i soggetti risultano accreditati per una singola attività e solo raramente (1,9%) per tutte le attività del ciclo. Con riferimento al Piano economico-finanziario 2022-2025, l’Autorità ha ricevuto le predisposizioni tariffarie relative a 5.987 ambiti (5.961 comunali e 26 pluricomunali) pari a circa il 90% della popolazione (52,3 milioni di abitanti serviti). Dall’analisi dei Piani economico-finanziari a disposizione dell’Autorità sono emersi incrementi delle entrate tariffarie che variano tra il 2,4% del 2022 e lo 0,9% del 2025: a livello geografico, le variazioni più consistenti si osservano nelle Isole (+5,6% nel biennio), mentre le più contenute al Centro e nella macroarea Nord-Ovest (poco più del 3%). Per quanto riguarda le predisposizioni tariffarie per i servizi di trattamento, l’Autorità ha ricevuto 61 proposte da 13 Organismi competenti, riferite prevalentemente a impianti operanti nel Nord e nel Centro del Paese. Le predisposizioni riguardano 39 impianti di chiusura del ciclo “minimi” e 22 impianti “intermedi” (cioè quelli assoggettati in qualche modo alla regolazione tariffaria). Infine, con riferimento ai meccanismi di garanzia inerenti alle procedure di approvazione tariffaria, nel corso dell’anno 2022, l’Autorità ha ricevuto complessivamente 68 segnalazioni di inerzia (116 nel 2021), 62 delle quali riguardavano situazioni di inerzia dei gestori del servizio di gestione dei rifiuti urbani, mentre le restanti 6 avevano ad oggetto l’inerzia di gestori di impianti minimi o intermedi.
TELERISCALDAMENTO
TELERISCALDAMENTO: TREND IN CRESCITA, ANCORA CONCENTRAZIONE NELL’ITALIA SETTENTRIONALE. INDAGINE DELL’AUTORITÀ SUI PREZZI DOPO I FORTI INCREMENTI DELL’ULTIMO TRIMESTRE 2021
Si conferma il trend di crescita del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, tra il 2000 e il 2021 la volumetria allacciata è aumentata a un tasso medio annuo del 5,9%, passando da 117,3 a 381,8 milioni di metri cubi, e l’estensione delle reti è quadruplicata, da circa 1.091 km nel 2000 a 4.805 km nel 2021. Le 5 regioni del nord Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata. Nel 2021 le centrali termiche al servizio di reti di telecalore hanno prodotto 12.331 GWh termici (+9%), 7.185 GWh elettrici (+15,9%) e 129 GWh frigoriferi (+4,2%).
Il gas naturale si conferma la fonte energetica nettamente prevalente per il funzionamento degli impianti di telecalore con il 72,1% (69,2% nel 2020) del consumo energetico complessivo, mentre le rinnovabili coprono quasi completamente la quota residua con il contributo principale proveniente dai rifiuti (15,4%) e dalle bioenergie (biomasse, biogas e bioliquidi, al 9,5%). Il numero delle imprese operanti nel settore del telecalore oggi iscritte alle Anagrafiche dell’Autorità è di 258 (253 l’anno precedente). Di queste, l’86% si occupa, di norma in forma integrata, di attività strettamente legate all’esercizio delle reti e alla fornitura dall’energia termica alle utenze (distribuzione o misura o vendita) mentre la quota rimanente si occupa solo di produzione di energia termica.
L’energia distribuita dalle reti di telecalore è utilizzata principalmente per la climatizzazione ambientale (riscaldamento e raffrescamento) e la produzione di acqua calda a uso igienico-sanitario, mentre è marginale l’utilizzo in processi industriali. Una quota significativa del mercato è infatti costituita da utenze di tipo residenziale e terziario (rispettivamente il 64,9% e il 32,2% del totale), mentre la domanda del settore industriale rimane marginale (2,8%).
A partire dall’ultimo trimestre 2021 si è verificata una crescita significativa dei prezzi del servizio di teleriscaldamento: il valore mediano dei prezzi passando da un valore minimo di 81 €/MWh nel terzo trimestre 2020 a un massimo di 191 €/MWh registrato nel primo trimestre 2022. Per questa ragione, l’Autorità ha avviato un’indagine conoscitiva sull’evoluzione dei prezzi e dei costi per il periodo compreso fra il 1° gennaio 2020 e il 31 marzo 2022, che ha riguardato gli esercenti di maggiori dimensioni del settore a cui corrisponde oltre l’80% dei volumi del mercato. I risultati hanno mostrato potenziali criticità sia in relazione alle dinamiche di mercato, sia, limitatamente ad alcuni contesti, all’equità dei prezzi applicati. Alla luce di tali esiti, l’Autorità ha posto all’attenzione del Parlamento e del Governo l’opportunità di introdurre una regolazione cost reflective dei prezzi del servizio di teleriscaldamento, così da consentire contestualmente di superare le criticità riscontrate nel funzionamento del mercato e di assicurare l’equità dei prezzi del servizio. Regolazione cost reflective ora in via di sviluppo nel 2023.