Piano di tutela delle acque: l’obiettivo per il 2030 è il risparmio idrico

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La Regione ha presentato lunedì 2 ottobre gli obiettivi e le scelte strategiche generali per l’avvio del Piano di Tutela delle Acque (PTA 2030). L’illustrazione, da parte della vicepresidente e assessora all’Ambiente Irene Priolo, è avvenuta in commissione Territorio, presieduta da Stefano Caliandro.

Sono quattro gli obiettivi strategici, dieci le linee di azione e 50 gli interventi da mettere in campo per tutelare l’acqua, l’oro bianco che diventerà sempre più importante in futuro. Tutto dovrà essere finalizzato – ha scandito Priolo – al mantenimento o al miglioramento sia della quantità sia della buona qualità delle acque. “In Emilia-Romagna – ha detto l’assessora – il piano riguarda 454 corpi idrici come i fiumi, 7 corpi idrici di transizione, 2 marino-costieri, 5 lacustri e 135 sotterranei. Lo stato ecologico è buono. I corpi idrici sotterranei sono all’88%”.

Sul buono stato delle acque incidono: alterazione morfologica, regime idrologico e inquinamento. “Una delle principali alterazioni morfologiche – ha affermato Priolo – deriva dalla canalizzazione, sempre maggiore. Il regime idrologico attesta l’acqua che si usa nel territorio. Si pensa che i fiumi debbano essere ricchi di acqua, ma sono importanti anche lo stato di magra e quello di piena. Oggi si parla di deflusso ecologico e non più di minimo vitale. Per l’inquinamento, sia di superficie sia sotterraneo, si consideri che in profondità ci sono nitrati provenienti da reflui e fertilizzanti azotati e questi ultimi vanno diversificati”.

In regione si prelevano 1,5 miliardi di metri cubi di acque, di cui 870 milioni per uso irriguo, 350 per quello civile e 180 per uso industriale. Degli 870 milioni, la parte principale proviene da corpi superficiali (fiumi): basti pensare che dal Po si prelevano 1,1 miliardi di metri cubi d’acqua. Per l’uso idropotabile si attinge per lo più dalle falde, anche se il prelievo d’acqua dalla superficie è aumentato: nel 1975 se ne prendeva dal Po il 35%, oggi il 50%. I due terzi dell’acqua per usi civili proviene da falde sotterranee. Si preleva più di quanto si consuma: 2,2 miliardi di metri cubi contro un consumo di 1,5.  E anche lo stato marino costiero è buono. I corpi lacustri sono 7, tutti laghi artificiali a uso plurimo (quelli di Mignano e Molato, nel piacentino, sono i più contaminati, ma l’acqua serve solo per uso irriguo).

Sul Piano, di cui partirà a breve il percorso partecipato di consultazione degli stakeholder, Confservizi ER, attraverso l’expertise maturato dai propri associati, gestori del servizio idrico integrato, fornirà il proprio contributo di idee e proposte.