Risparmio idrico, mantenimento della quantità e miglioramento della qualità dell’acqua, riuso dell’acqua, riduzione della dispersione idrica anche attraverso la realizzazione di invasi. E, ancora, potenziamento della depurazione e interventi mirati per ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici. Realizzazione di invasi, anche di piccole dimensioni, per trattenere più acqua piovana possibile. Infine, altre due priorità: contrasto all’inquinamento idrico e valorizzazione del traporto fluviale, anche attraverso la riqualificazione dei fiumi.
L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ha espresso lo scorso martedì 10 ottobre parere favorevole agli obiettivi e alle scelte strategiche del Piano di tutela delle acque (Pta) 2030.
“L’ultimo Piano risale al 2005: ora siamo in una fase cruciale, perché i cambiamenti climatici mostrano la loro portata. Il Piano acque è integrato con altre pianificazioni fra cui la gestione delle alluvioni. Saremo impegnati per un anno con molti momenti di confronto. Il Piano discende da una direttiva dell’Unione europea”, spiega la vicepresidente e assessore all’Ambiente Irene Priolo. Per l’assessora “l’obiettivo è raggiungere un alto di livello di qualità e quantità dell’acqua. Dovremo lavorare per migliorare stato ecologico e chimico delle acque e anche la riserva della risorsa, sia in superficie sia in profondità. Quattro i macro obiettivi: disponibilità di acqua oggi e domani; acqua pulita e sicura; acqua biosfera e rinaturazione; luoghi dell’acqua. Previste 50 azioni sui corpi idrici, ma si lavorerà anche sulla gestione come il recupero delle acque e il riuso delle acque di depurazione. Inoltre, bisognerà contenere le perdite”. Il fiume Po, ha continuato Irene Priolo, “è la maggiore risorsa idrica della regione, perché dei 2,2 miliardi di metri cubi d’acqua prelevati, circa uno proviene dal Po. Un sistema che va tenuto in considerazione. Infine, attenzione al deflusso minimo ecologico, così definito e non più vitale”.
Vivace il dibattito tra maggioranza e opposizioni sul tema.
“Il Piano acqua è un documento articolato, ma non tiene minimamente conto del momento in cui siamo: il Piano acque arriva in ritardo, andava fatto prima, non possiamo in linea generale essere contrari a una serie di azioni che vogliono garantire di avere a disposizione quantità di acqua di qualità. Mancano, però, le azioni concrete per raggiungere questi obiettivi”, spiega Michele Facci (Lega) per il quale “occorre fare azioni strategiche: non solo questo piano è in ritardo, ma omette pure gli interventi da svolgere. Serve un cambio di passo, bisogna fare scelte strategiche”. Sulla stessa linea anche Emiliano Occhi (Lega) che chiede di rivedere l’attività dei Consorzi di Bonifica e dei soggetti gestori dell’acqua anche per mettere al centro la tutela del territorio. “L’acqua dà la vita, ma, come dimostrano le recenti alluvioni, può anche essere foriera di drammi. Quindi -spiega il leghista- serve mettere al centro la cura del territorio partendo dal tema degli invasi”.
Per Marco Mastacchi (Rete civica) “bisogna prevedere la mappatura delle sorgenti abbandonate, perché non si può sprecare un patrimonio così importante”, mentre per Giancarlo Tagliaferri (Fdi) “l’Emilia-Romagna è fra i territori più esposti ai rischi legati alle alluvioni o a problemi legati ai corsi d’acqua: purtroppo nel corso degli anni è mancata la cura del territorio. Dobbiamo operare per contrastare la presenza di sostanze tossiche nel suolo e serve un intervento sul territorio per garantirne la messa in sicurezza”.
Silvia Piccinini (Movimento 5 stelle) ha insistito sul “riciclo delle acque reflue, su cui la Regione deve spendersi di più. La metà di queste acque è per uso irriguo. E’ positiva la rinaturalizzazione dei corsi fluviale, ma avrei voluto sentirlo dire dopo l’alluvione di maggio. Occorre consentire la naturale espansione dei fiumi”.
Secondo Marco Fabbri (Partito democratico) “il piano è complesso. La sfida è realizzarlo. La qualità dell’acqua in generale è buona e le acque marine sono balneabili. Occorre capire quali semplificazioni saranno adottate a livello nazionale per le reti idriche. Siamo il terminale del Po, che tocca 13 province e 4 regioni. Credo sia fondamentale l’ascolto e il coinvolgimento degli stakeholder, per sviluppare politiche ambiziose per ridurre gli inquinanti”.
Per Silvia Zamboni (Europa Verde) si tratta di “un piano serio che mette al centro temi importanti. L’alluvione? A maggio il Po ha raggiunto il suo punto massimo in poche ore, è piovuta tantissima acqua. Bisogna affrontare i cambiamenti climatici e l’emergenza climatica: anche l’Emilia-Romagna sta affrontando il dramma del surriscaldamento climatico. Occorre arrivare a politiche razionali per l’acqua trami politiche trasversali rispetto ai vari assessorati, a partire da quello all’Agricoltura. Ricordo, infine, che Europa Verde è contraria per motivi scientifici ai grandi invasi”.
“Dal 2018 sono oltre 700 milioni di euro i fondi distribuiti ai Consorzi di Bonifica per interventi in materia di conservazione e regimazione delle acque: lo dico per dimostrare come la Regione non scopre oggi la necessità di interventi per la tutela dell’acqua”, spiega Andrea Costa (Pd) per il quale “è importante avere risorse finanziarie per evitare la dispersione dalle reti idriche. Le abbiamo chieste allo Stato, ma non sono ancora arrivate in misura necessaria”.
“L’auspicio è di fare presto, bisogna osare un po’ di più. Pur condividendo alcuni aspetti degli obiettivi e delle scelte strategiche del Piano, Fdi esprimerà voto d’astensione. Nelle parole dell’assessora Priolo abbiamo colto alcune aperture che ci piace pensare potrebbero prefigurare l’avvio di un percorso se non condiviso almeno all’insegna di un confronto serio fra le parti”, sottolinea Marta Evangelisti (Fdi).
Fonte: Regione Emilia – Romagna