La sfida della transizione verde per il Pnrr

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A 2 anni e mezzo dalla fine dei piani nazionali di ripresa e resilienza, Open polis ha analizzato l’andamento dei Pnrr di 11 paesi, in tema di transizione verde. Si è partiti da una fotografia degli ambiti di investimento, delle risorse allocate e degli interventi completati. Si è poi provato a verificare, nei limiti del possibile, l’impatto dei Pnrr sul percorso di transizione ecologica dei rispettivi paesi. Da un lato analizzando i dati non proprio esaustivi pubblicati dall’Ue e dagli stati membri. Dall’altro conducendo interviste a soggetti governativi e non, coinvolti e interessati dalla realizzazione dei piani nazionali.

Questo lavoro si articolerà in un approfondimento complessivo (il seguente) e 4 approfondimenti nazionali. È stato condotto da Openpolis insieme ad alcuni partner dello European data journalism network: Dennik N per la Slovacchia, Miir per la Grecia e Eurologus per l’Ungheria.

Il Pnrr e la transizione verde

Alla fine del 2026 avrà termine l’attuazione del dispositivo di ripresa e resilienza. Il programma, introdotto dall’Unione europea nel 2021, ha permesso agli stati membri di accedere ai fondi del Next generation Eu. L’obiettivo era quello di favorire la ripresa economica e sociale dell’Europa dalla crisi pandemica.

Ogni paese ha il proprio piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), con le rispettive risorse, misure (investimenti o riforme) e scadenze (milestone e target). Anche gli ambiti di intervento sono numerosi, dal lavoro all’istruzione, dalla sanità alle infrastrutture. Per quanto gli stati siano piuttosto liberi di scegliere quanto investire in quali settori, ci sono criteri ben precisi da rispettare per accedere ai fondi. Tra questi, l’attenzione all’ambiente e alla transizione ecologica è centrale.

Si tratta di una decisione in linea con le politiche e gli obiettivi messi in campo dall’Ue negli ultimi anni. Basti pensare tra tutti al Green deal europeo. Inoltre, come supporto aggiuntivo alla transizione verde e in risposta alla crisi energetica causata dalla guerra tra Russia e Ucraina, l’Ue ha introdotto nel 2022 il RepowerEu. Si tratta di ulteriori risorse e interventi – che ogni paese poteva includere nel proprio Pnrr – mirati specificatamente allo sviluppo energetico dell’Europa. L’obiettivo è sostenere la produzione energetica da fonti rinnovabili e accrescere l’indipendenza europea dalle importazioni energetiche dalla Russia.

Le differenze tra stati membri

Le risorse e gli obiettivi messi in campo dall’Ue hanno una rilevanza diversa per i vari stati membri. Per alcuni, il Pnrr costituisce un’occasione unica di sviluppo economico e sociale. Parliamo degli stati del sud e dell’est Europa, che presentano le percentuali più elevate di fondi Pnrr in rapporto ai rispettivi prodotti interni lordi (Pil).

19,7% le risorse del Pnrr della Grecia rapportate al Pil nazionale del 2023. Si tratta della quota più alta.

Oltre alla Grecia, si registrano le quote più alte in Croazia, Spagna, Romania, Italia, Portogallo, Polonia, Bulgaria, Lituania, Ungheria e Slovacchia. Si tratta di paesi storicamente svantaggiati a livello socio-economico rispetto a quelli del nord e del centro Europa. Territori che hanno affrontato anche la sfida della pandemia con delle difficoltà in più.

È proprio su questi stati, dove il Pnrr dovrebbe avere l’impatto maggiore, che abbiamo deciso di concentrarci, per osservare l’avanzamento dei piani nazionali sul fronte ambientale ed energetico.

Gli ambiti di intervento

Tutti gli 11 paesi considerati rispettano la quota del 37% di fondi Pnrr da dedicare alla transizione ecologica. Alcuni la superano ampiamente: al primo posto l’Ungheria, che dedica a obiettivi climatici e ambientali il 67% delle risorse del proprio piano nazionale. Segue la Bulgaria, altro paese che dedica oltre la metà dei suoi fondi alla transizione verde (57%). Slovacchia e Polonia invece vi si avvicinano, rispettivamente con il 48% la prima e il 47% la seconda.

Abbiamo approfondito la suddivisione di tali risorse tra singoli obiettivi. Ne emerge che 5 paesi (Grecia, Polonia, Bulgaria, Lituania e Ungheria) hanno dedicato la quota più elevata di fondi allo sviluppo di energia rinnovabile, 4 all’efficienza energetica (Croazia, Spagna, Portogallo e Slovacchia) e 2 alla mobilità sostenibile (Romania e Italia).

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