Testo unico rinnovabili, al via l’esame in commissione

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TESTO UNICO RINNOVABILI

La Commissione Ambiente ed Energia del Senato ha iniziato il 10 settembre l’esame, in sede consultiva, dello schema di decreto legislativo recante disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (Atto n. 187).  

Il relatore Fazzone (Forza Italia) ha illustrato l’articolato. Sono previste audizioni, che si svolgeranno nella giornata del 17 settembre. Il provvedimento è in attesa dell’intesa in Conferenza Unificata e del parere del Consiglio di Stato.

RESOCONTO 10 SETTEMBRE


REVISIONE CODICE APPALTI

La Commissione Ambiente della Camera ha proseguito l’11 settembre la discussione delle risoluzioni recanti iniziative normative volte ad apportare modifiche al Codice dei contratti pubblici, concernenti lo svolgimento delle procedure di affidamento, la revisione dei prezzi e l’esecuzione degli appalti (n. 7-00220  Erica Mazzetti – FI, n. 7-00229 Franco Manes – Misto-Min. Ling, n. 7-00234 Agostino Santillo – M5S e n. 7-00257 Massimo Milani – FdI).   

Sulla materia, è stata presentata una nuova risoluzione da parte di Angelo Bonelli (Avs) che sarà discussa congiuntamente insieme alle altre.

Nel corso della seduta sono inoltre stati auditi rappresentanti dell’Associazione nazionale costruttori edili ferroviari riuniti (ANCEFERR).


DAL GOVERNO: DDL CARBURANTI

Si torna a discutere sulla riforma della rete di distribuzione dei carburanti: le associazioni di categoria dei benzinai non hanno gradito la bozza di Ddl proposto dal Governo e l’approvazione è slittata. Per questo motivo sono state convocate al ministero delle Imprese per discutere della riforma: al tavolo saranno presenti il ministro delle Imprese Adolfo Urso e il sottosegretario Massimo Bitonci, oltre a rappresentanti del ministero dell’Ambiente.

La proposta di riforma mira anzitutto a ridurre il numero dei punti vendita: Unem (l’ex Unione petrolifera) nel 2022 segnalava una rete troppo estesa con 22.187 distributori di carburanti in Italia contro i 14.069 della Germania, gli 11.734 della Spagna e i 10.609 della Francia. “Oggi circa il 20% dei punti vendita eroga meno di 400mila litri l’anno con ricavi lordi per il gestore stimati tra i 15mila e i 30mila euro lanno, e solo il 5% ha erogati superiori a 3,5 milioni di litri”. Un quadro, ha aggiunto l’associazione, che favorisce “fenomeni di illegalità, generando al contempo una concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori, come peraltro si legge nelle recenti conclusioni dell’indagine conoscitiva sui fenomeni di evasione dell’Iva e delle accise nel settore della distribuzione dei carburanti condotta dalla Commissione Finanze della Camera”. Secondo l’Unem bisognerebbe chiudere almeno il 15% degli impianti attualmente in funzione.

Nella bozza del testo, si punta a incoraggiare anche la riconversione verso la mobilità green, sono previsti ad esempio incentivi fino a 60mila euro per coprire il 50% delle spese per le colonnine di ricarica e un fondo per la trasformazione della rete carburanti verso la mobilità elettrica, con una dotazione di 47 milioni di euro l’anno per il 2025, il 2026 e il 2027. Per i nuovi impianti, dal primo gennaio 2025, sarebbe necessario prevedere la distribuzione di “almeno un altro vettore energetico alternativo ai combustibili fossili”, come i biocombustibili o le colonnine elettriche, altrimenti non saranno rilasciate autorizzazioni.

La reazione dei benzinai, delle compagnie e dei consumatori

I gestori hanno già evocato lo stop di tutti gli impianti e manifestazioni contro quella che definiscono in una nota congiunta della “più incauta e peggior riforma da quando in questo Paese sono cominciati i rifornimento ai veicoli”. “Abbiamo la necessità, come settore, di costruire un’ipotesi di riforma condivisa che – pur tenendo nel debito conto i desiderata del Governo – vada nel verso della facilitazione della transizione energetica e nella valorizzazione di nuovi carburanti. Con ampliamento dell’offerta all’utenza, del mantenimento del servizio (che, lo ricordiamo, costa 3,5 € cent/litro) nel territorio (soprattutto nelle zone più svantaggiate) e nella difesa degli aspetti sociali legati alla riduzione della rete”, hanno affermato le associazioni.
Per Unem (l’Unione energie per la mobilità), associazione delle aziende del settore petrolifero, il testo è “un passo importante per la razionalizzazione della rete”.
Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori ha detto che “ci piacerebbe capire se nel testo è previsto anche qualcosa a vantaggio diretto dei consumatori. Si è solo introdotto il fuorviante prezzo medio regionale, mentre l’unica cosa che poteva essere realmente utile, l’app carburanti prevista dal decreto-legge 14 gennaio 2023, n. 5, è sparita dalla circolazione e, dopo oltre un anno e mezzo, non se ne sa più nulla. Sarebbe uno strumento utilissimo per comunicare all’automobilista quale è il distributore meno caro della sua zona. È così che si razionalizza la rete: costringendo i distributori più cari e meno efficienti ad uscire dal mercato”, conclude Dona. (E-Gazette)


MANOVRA DI BILANCIO

Se è ancora presto per parlare di contenuti della manovra – che pure secondo le intenzioni dell’Esecutivo dovrebbe mantenere una cubatura vicina ai 25 miliardi, come la precedente – non mancano, sul fronte dei conti pubblici, le date cerchiate in rosso nel calendario di Palazzo Chigi, già a partire dal mese di settembre.

La vera novità è rappresentata dal Piano strutturale di bilancio di medio termine (Psbmt), il primo atto formale conseguente alla riattivazione dei vincoli e delle procedure del Patto di stabilità e crescita, sospesi per fronteggiare gli effetti economici della pandemia Covid e modificati dalla riforma entrata in vigore alla fine dello scorso aprile. L’obiettivo principale del documento è la definizione di una traiettoria per il nuovo aggregato di riferimento, la spesa netta, per il rientro dai deficit eccessivi, da realizzare attraverso un piano di durata di 4 anni, estendibile fino a 7 nel rispetto di particolari criteri.

Il Piano – che sostituirà la Nota di aggiornamento al Def (Nadef) –  sarà presentato al Parlamento a settembre (dopo l’ok del Cdm, previsto probabilmente il 17), con la ripresa dei lavori, mentre la discussione parlamentare dovrebbe avvenire secondo le procedure esistenti, con l’approvazione di una risoluzione ad hoc. La scadenza per la presentazione del Piano alla Commissione europea – il 20 settembre – potrà essere estesa di qualche settimana su richiesta (ma fino al 15 ottobre, al massimo).

Di Manovra vera e propria si comincerà a parlare dal mese di ottobre: entro il 15 del mese è infatti previsto l’invio alla Commissione Ue, all’Eurogruppo e al Parlamento del Documento programmatico di bilancio (Dpb) che, tra le altre cose, illustra i provvedimenti della manovra di finanza pubblica proposta dal Governo per il conseguimento degli obiettivi programmatici e l’impatto sui conti pubblici e sulla crescita economica.

Entro il 20 ottobre, invece, il Governo dovrebbe presentare il ddl Bilancio in Parlamento. Una deadline, quest’ultima, modificata nella prassi: sempre più di frequente, entro il 20 ottobre si ha il via libera del ddl in Cdm, per procedere alla successiva presentazione in Parlamento  – con l’avvio della sessione di bilancio – tra fine ottobre e inizio novembre.

Bisognerà attendere fino al 30 novembre, invece, per un primo parere sulla legge di Bilancio italiana da parte della Commissione Ue. Il limite invalicabile per l’esame della manovra resta il 31 dicembre, data entro la quale questa andrà approvata da entrambi i rami del Parlamento, pena l’avvio dell’esercizio provvisorio.

L’esame del ddl Bilancio alla Camera – da qui partirà l’iter quest’anno –  potrebbe essere anticipato, come l’anno scorso,  dalla presentazione di un apposito decreto Fiscale. (Public Policy)


DDL PREMIERATO

Il ddl Casellati sul premierato non approderà in Aula della Camera nel prossimo trimestre. La decisione è stata presa dalla Conferenza dei capigruppo di Montecitorio che l’ 11 settembre ha predisposto il calendario dei lavori sino a novembre. La scelta potrebbe comportare uno slittamento al 2025, visto il complesso calendario di dicembre. A essere colti di sorpresa sono stati più i gruppi di opposizione che immaginavano un iter accelerato della riforma cara a Fdi e alla premier Giorgia Meloni, anche perché nel documento con le priorità del Governo per il trimestre trasmesso lunedì a Montecitorio il ddl era indicato. A Palazzo Chigi, invece, si è preferito mettere in sicurezza il provvedimento rispetto alle tensioni e alle polemiche che potrebbero manifestarsi sulla manovra economica durante la sessione di bilancio. 

La decisione è giustificata dal fatto che il Governo, con il ministro Luca Ciriani, non aveva fatto alcuna richiesta di inserire il ddl nel programma trimestrale dell’Aula, e questo benché il documento trasmesso alla Camera appena 48 ore prima in vista della Capigruppo indicasse come priorità per fine novembre sia il premierato che la separazione delle carriere. Entrambe le riforme sono all’esame della Commissione Affari costituzionali della Camera. “Se ne parlerà l’anno prossimo, forse” ha pronosticato la capogruppo di Avs Luana Zanella. In effetti non è escluso che a dicembre ci siano pochi spazi in Aula, dato che ai primi di dicembre l’Assemblea di Montecitorio potrebbe essere impegnata negli ultimi passaggi della legge di Bilancio, prima di inviarla al Senato; inoltre, ci sono i decreti che inevitabilmente avranno la precedenza.  (Nomos)

 

Rassegna parlamentare a cura di MF