Testo unico rinnovabili: associazioni agricole e di settore in audizione alla Camera

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Pubblichiamo un’ampia rassegna sui contenuti delle audizioni di questa settimana alle Commissioni riunite Ambiente e Attività Produttive nell’ambito dell’esame del provvedimento.

 

GIS: OCCASIONE PERSA PER SBLOCCARE LA TRANSIZIONE

Accorpare procedimenti o dimezzare i tempi quando le risorse restano invariate non abbrevia le procedure bensì le prolunga. Con il Testo unico sulle rinnovabili il governo ha quindi “perso l’opportunità di risolvere il problema legato alla lentezza degli iter autorizzativi”, uno dei motivi principali per i quali la transizione in Italia non decolla. È questo, in sintesi, il punto che GIS- Gruppo Impianti Solari ha fatto presente in audizione alle Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati nell’ambito dell’esame sul provvedimento. “La situazione di stallo in cui ci troviamo è sotto gli occhi di tutti. Nella solo provincia di Viterbo sono una trentina gli impianti riconducibili alla nostra associazione oramai in standby. Una delle ultime volte che siamo andati a depositare un progetto al Mase ci è stato detto che, se tutto fosse andato bene, ci sarebbero voluti almeno tre anni per completare tutti i passaggi burocratici- dice GIS- Ci è anche capitato di non trovare nessuno allo sportello ad accoglierci e darci un numero di protocollo, che ci permettesse perlomeno di seguire l’iter, tale è la mancanza di personale. A fronte di questo scenario, lo stesso che si trovano di fronte tutti gli sviluppatori di energia rinnovabile, semplificare e razionalizzare le varie procedure non è solo giusto, ma urgente. L’invito ad agire è arrivato negli ultimi giorni anche dalla Commissione europea, che ha mandato all’Italia una lettera di messa in mora per non aver recepito completamente nel diritto nazionale le disposizioni della RED III. Il fatto che il nostro Paese sia in ottima compagnia – sono state avviate procedure di infrazione nei confronti di 26 Paesi membri – non è una consolazione“.

A giudizio del GIS, “il problema del Testo Unico sulle rinnovabili, che il Consiglio dei ministri ha approvato lo scorso 7 agosto proprio con l’obiettivo di mettere mano a questa questione e che è ora al vaglio del Parlamento, è che apporta dei cambiamenti insufficienti perché non destina più risorse agli uffici preposti alla valutazione delle pratiche e non imputa nulla in termini di responsabilità a chi disattende le regole.

Questo disegno di legge arriva inoltre in un periodo di massima confusione per gli operatori del settore. Con la scelta del governo di delegare alle Regioni la selezione delle aree idonee, compito per il quale avranno ancora circa tre mesi di tempo a disposizione, molti progetti non solo non riescono ad andare avanti, ma vengono abbandonati sul nascere. Troppo alto il rischio di perdere tempo se il 99% del territorio viene poi dichiarato off limits, come avvenuto in Sardegna”.

Per superare tutti questi ostacoli, l’associazione GIS propone “da tempo una soluzione: destinare il 3% della superficie agricola di ogni Comune al fotovoltaico e lo 0,3% all’eolico fuori da ogni vincolo”. Questa strada “permetterebbe al gestore di rete di programmare gli interventi e di non dover rincorrere le innumerevoli richieste di allaccio degli operatori per gli impianti garantendone tempi più celeri per l’entrare in esercizio”. Inoltre, “non appesantire il ministero della Cultura di pratiche che si svilupperebbero su aree idonee prive di ogni vincolo e garantirebbero una maggiore equità nella distribuzione dei carichi tra enti locali nonché un abbassamento dei costi energetici per tutta la popolazione. Riteniamo che, così facendo, il singolo cittadino sarebbe anche più incline ad accettare la presenza di impianti sul territorio poiché potrebbe considerare equo lo scotto pagato a fronte di un abbassamento della bolletta. Ottenere questo risultato sarebbe tutt’altro che secondario perché l’opinione pubblica condiziona in modo significativo l’andamento di questo settore e, tramite la creazione di appositi comitati, può far finire in tribunale dispute che si potrebbe risolvere a monte tramite scelte concertate e uniformi. Invitiamo la politica a prendere in seria considerazione questa proposta”.


CONFCOMMERCIO: OK SEMPLIFICARE, TAGLIARE ONERI SISTEMA

“Nel complesso la nostra valutazione è positiva, soprattutto se andiamo a guardare quelle disposizioni che più di altre si propongono di razionalizzare, sistematizzare, semplificare la legislazione vigente su questo fronte, che sappiamo essere estremamente complessa e talvolta anche farraginosa, creando diversi problemi alle imprese. Questo, per noi, è un punto assolutamente focale”.

Un rappresentante di Confcommercio lo dice in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera riunite, nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo recante disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, noto anche come Testo unico Rinnovabili. ciò detto, è “prioritario” e “fondamentale” che “oltre alla semplificazione degli oneri amministrativi venga affrontata anche un’altro tipo di oneri, gli oneri generali di sistema, perché è una voce, specie per il terziario, di assoluta rilevanza- prosegue- parliamo di circa il 25% dell’importo totale, che è destinato a crescere, considerando che tutte le nuove incentivazioni per supportare lo sviluppo delle fonti rinnovabili, sicuramente positivo vi siano ma andranno a trovare copertura nelle tariffe elettriche”.

Dunque, “alla giusta riduzione degli oneri amministrativi andrebbe accompagnata anche la presa in carico di una riforma finalmente organica e strutturale di tutte le componenti fiscali e parafiscali, che poi vanno a gravare in bolletta elettrica”, segnala Confcommercio. “Riteniamo che ci possano essere anche forme diverse, ricordo ad esempio i proventi derivanti dalle aste di CO2, già ampiamente utilizzati nei periodi di emergenza, per coprire questo tipo di intervento”, aggiunge.

“Le imprese che rappresentiamo stanno mostrando da numerosi anni un interesse crescente verso la produzione di rinnovabili, questo perché è un sistema destinato a essere sempre più decentralizzato diffuso e distribuito sul territorio, grazie anche a giusti interventi di agevolazioni che in questi anni sono stati introdotti”, conclude Confcommercio, “pensiamo alle CER, all’autoconsumo, interventi fortemente diffusi sui territori, e le imprese che rappresentiamo sono generalmente di piccola e piccolissima dimensione, profondamente radicate, che quindi possono cogliere appieno le opportunità offerte da questi regimi di produzione rinnovabili”.


MARCHETTI (ROMA 3): CONFLITTI DA ATTIVITÀ LIBERA 10 MW

 – “Introdurre la libera iniziativa, senza neanche la necessità di comunicazione, anche per impianti che pur in conformazione agrivoltaica arrivano a 10 MegaWatt significa aprire anche lì un conflitto con i territori, perché i Comuni non saranno in grado di poter vigilare e governare il fenomeno e potremmo arrivare a una saturazione silenziosa dei territori, con impianti non controllati né verificati e soprattutto perché in regime di attività libera un agrivoltaico si dichiara come tale, ma la valutazione va effettuata nella sostanza del progetto, valutazione che garantisca effettivamente la continuita della produzione agricola”, ad esempio si deve controllare il programma produttivo e compiere verifiche sulla capacità dell’azienda agricola.

Marco Marchetti, docente di Diritto della transizione energetica presso l’Università degli studi Roma Tre, lo dice in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera riunite, nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo recante disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, noto anche come Testo unico Rinnovabili. Inoltre, “dire come si legge nel TU che l’agrivoltaico è un impianto che garantisce l’attivita agricola e pastorale significa lasciare una discrezionalità troppo elevata nonostante le linee guida ministeriali”, prosegue il docente.

Essendo un impianto da 10 MW importante dal punto di vista delle dimensioni, occupando 13-15 ettari di terreno, credo che questo possa creare un effetto domino sui territori non controllato né governato da comuni, lasciando spazio a problemi di contenzioso. Cosa fare? Eliminare il conflitto intervenendo a monte con una serie di dati che vanno indicati sin dalla presentazione al progetto per dare spazio a comuni che valutano la possibilita di una coerenza. La potenza come limite non basta e impedisce una valutazione di cumulo, con la possibilità di valutare complessivamente l’impatto sul territorio, in regime attivita libera questo non e possibile farlo. Serve un contenuto molto più descrittivo della qualità progettuale a monte per consentire a valle l’eliminazione del conflitto”. 

Ci sono “temi basilari del dlgs che suscitano perplessità”, spiega Marco Marchetti, docente di Diritto della transizione energetica presso l’Università degli studi Roma Tre. Ad esempio, sul fronte del conflitto sui territori “si dovrebbe introdurre sulla base del dlgs 199 art 20 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, ndr) quello che norma prevede, e cioè un limite massimo di occupazione territoriale, un tetto su cui porre attenzione perché molti territori mettono in crisi il rapporto con aziende, soprattuto in caso di impianti di grandi dimensioni, perché non riescono a fronteggiare l’argomento con normative specifiche che non recepiscono espressamente questo principio”. 


ANBI: CONSORZI POSSANOL GESTIRE CER PER ABBATTERE COSTI

 “Inserire nello schema del dlgs la partecipazione dei Consorzi di bonifica alla possibilità di organizzare gestire e controllare le Comunità energetiche rinnovabili – CER”, un passaggio che avrebbe effetti “in termini di contenimento e riduzione dei costi da trasferire a imprese e cittadini tramite questo obiettivo”. Massimo Gargano, direttore generale ANBI, lo dice in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera riunite, nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo recante disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, noto anche come Testo unico Rinnovabili.

“Riproponiamo un emendamento per poter realizzare le CER, la ragione è contenere i costi dell’energia”, spiega Gargano, “siamo passati da sistemi che consumavano molta energia in estate per la captazione e la distribuzione della risorsa idrica a oggi, quando con il cambiamento climatico abbiamo idrovore che non solo lavorano tutto l’anno ma anche in comprensori dove devono sollevare e allontanare acque in tutta fretta”. Ad esempio “in Emilia Romagna abbiamo dovuto sollevare e spostare acqua non dei consorzi ma dei fiumi, di altri enti pubblici, le acque le abbiamo dovute sollevare e allontanare, i costi li dobbiamo trasferire a agricoltori e contribuenti e non ci pare giusto”, dice Gargano, di qui “la richiesta di poter costituire le CER e poter esercitare il controllo, un chiarimento che vi sottoponiamo”.


CIA: SI POTEVA SEMPLIFICARE DI PIù, PROBLEMA CONNESSIONI

 “Condividiamo la posizione di Confagricoltura“, perché “siamo molto interessati a sviluppare investimenti nelle rinnovabili non solo per l’autoproduzione ma anche come integrazione al reddito. Siamo interessati a realizzare questi impianti, naturalmente sempre nel giusto equilibrio e limite salvaguardando attivita produzione primaria beni alimentari”. Ciò detto “apprezziamo l’obiettivo della semplificazione, purtroppo ci aspettavamo uno sforzo maggiore in questa direzione“.

Marino Berton di ESCo in rappresentanza della Confederazione italiana agricoltori- CIA, lo dice in audizione. “Buona l’idea di dare corpo e di articolare l’impianto normativo esistente ma si poteva osare di più”, dice Berton, “ci sono deroghe difficilissime da attuare, come quelle dell’art. 8 su aree e immobili con un certo tipo di vincolo, nei terreni agricoli abbiamo spesso collegamenti con ambiti vincolati, ma questa deroga per gli uffici tecnici dei comuni non è abbastanza chiara”. Il rischio è che gli uffici non possano procedere con le autorizzazioni. “Nella pratica quando dobbiamo misurarci con la richiesta di autorizzazioni ci scontriamo con concrete difficoltà”, dice il rappresentante CIA, “vorremo canali più semplificati per l’agrivoltaico con la possibilità di accedere all’edilizia libera”. C’è poi il tema “delle autorizzazioni alla realizzazione delle connessioni, possiamo avere l’autorizzazione edilizia per fare gli impianti ma poi diventiamo pazzi per le autorizzazioni alle connessioni, vorremmo auspicare dei percorsi autorizzativi che semplifichino l’autorizzazione sulla connessione alla rete”, conclude Berton .


CONFAGRICOLTURA: CHIARIRE SU AGRIVOLTAICO E CER

“In ordine allo schema di decreto apprezziamo lo sforzo ma rileviamo delle criticità. La prima criticita è il tema del riordino, non tutte le disposizioni per noi strategiche sono presenti, segnalo il tema delle Comunità energetiche rinnovabili in ambito agricolo. Il Parlamento ha definito con decreto legge 13 del 2023 (Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ndr) una previsione specifica per le configurazioni governate da aziende agricole di cui non troviamo traccia nello schema, anche se ci sono specificità sul piano organizzativo”. Roberta Papili, responsabile area Ambiente e agroenergia di Confagricoltura, lo dice in audizione. Rispetto al fotovoltaico in ambito agricola “lo schema di decreto non va a colmare alcune lacune con riferimento alle diverse superfici che interessano le realtà agricole, come serre e coperture di fabbricati, cosi come superfici quali terreni agricoli a qualsiasi titolo”, dice Papili, “per l’agrivoltaico a valle delle limitazioni poste dal dl Agricoltura riteniamo che lo schema di decreto non vada a chiarire il perimetro dell’agrivoltaico, immaginando un’attività libera per la continuità dell’attività agricola zootecnica e una pas per altre senza continuità”.

L’agrivoltaico “per noi è una soluzione che consente all’impresa agricola di proseguire l’attività della produzione primaria e di integrarla con la produzione di energia, e non può prescindere dalla continuità dell’attività agricola”, spiega la rappresentante Confagricoltura, quindi “riteniamo che lo schema dovrebbe andare in primis a inquadrare il tema agrivoltaico per meglio indirizzare nuovi investimenti”. Con riferimento all’allegato A, “segnaliamo alcuni punti su cui fare integrazioni come il tema delle coperture dei fabbricati e anche il fotovolatico abbinato a sistemi di autoconsumo– dice Papili- per un sistema agricolo competitivo è imprescindibile immaginare che le imprese agricole possano dotarsi per il proprio fabbisogno energetico di sistemi di autoproduzione, anche in situazioni di scarsa disponibilità di terreno”. Quindi, conclude, “per il fotovoltaico a terra riteniamo si possa fare uno sforzo in questa direzione”.

(Agenzia Dire) 


Anci: Procedure snelle, certezza e ruolo dei Comuni per attuare la transizione energetica

Anci, rappresentata da Tommaso Ferrari assessore alla Transizione ecologica del Comune di Verona e dal sindaco di Ferla (SR) Michelangelo Giansiracusa, ha ribadito l’importanza di un testo unico sulle rinnovabili data l’intensa attività normativa che sul settore da anni ha generato un corpo normativo incoerente, complesso, non coordinato e spesso confuso. Sebbene la delega della norma primaria sia solo sui procedimenti autorizzatori, Anci auspica un riferimento integrato e completo, che comprenda elementi direttamente connessi alla mera installazione degli impianti e risolva criticità oggi evidenti anche rispetto a molte misure PNRR.
L’Anci ha sottolineato più volte la necessità di una legge quadro sul tema della transizione energetica e della sostenibilità che tenga conto di tutte le questioni ancora aperte afferenti ai territori” ha ribadito Giansiracusa. “Il provvedimento – ha proseguito Giansiracusa – sembra non tener conto delle misure compensative ai Comuni per i grandi impianti che invece dovrebbero essere già previste nel testo con indicazioni di carattere generale, ad esempio stabilire un minimo del 3 percento o un massimo del 5 percento in base alla tipologia dell’impianto. Le misure compensative sono importanti per dare l’opportunità alle amministrazioni locali di fare atterrare progetti che possono sembrare impattanti per il territorio ma che rivestono grande significato per la nostra autonomia energetica, consentendo l’accettazione della comunità, a fronte di benefici concreti, ad esempio di servizi efficienti, ecco perché devono essere compensazioni monetarie. Il ruolo del Comune è fondamentale, dove è competente, dove è nelle condizioni di conoscere il territorio, trova la strada e il modello migliore per consentire localmente una transizione giusta. Ma importante risolvere nodi esistenti come il collo di bottiglia degli allacci alla rete di distribuzione”.
Nel corso dell’audizione, in rappresentanza dell’Anci, è intervenuto anche l’assessore alla transizione energetica del Comune di Verona Tommaso Ferrari che ha focalizzato l’attenzione sulla semplificazione amministrativa e di contro sulla qualificazione dell’offerta.
“C’è bisogno di semplicità e certezza invece ci sembra che nel decreto si aumenti la confusione, si introducano nuove fattispecie, rischiando così di rallentare. In questo contesto, tutta l’attuazione a cominciare dal nuovo sistema informativo, se gestita con tempi e modalità non adeguate rischia di rallentare ulteriormente i processi, anziché accelerarli come ci impongono gli obiettivi europei”.
“Un’ulteriore criticità – ha poi rimarcato Ferrari – riguarda gli elettrodotti e le opere connesse. La norma vigente sulla Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) prevede come prerequisito per l’operatore che sia disponibile l’area anche per le opere connesse all’impianto, ora non sembra più così. Questo cambiamento rischia di creare ulteriori problemi nella fase di autorizzazione poiché l’assenza di una chiara disposizione sull’esproprio potrebbe rallentare i processi invece di semplificarli. Se non si chiarisce questo aspetto nel decreto legislativo, il rischio è che ci siano ritardi importanti nei progetti. Per noi amministratori locali – ha concluso – la priorità di garantire procedure semplici e certe è strettamente connessa alla qualificazione della filiera, degli operatori che condividono con il territorio e presentano le istanze. Più elevata è la qualità progettuale più semplice e rapido è il processo di autorizzazione”. (Fonte: Anci)

 

Rassegna parlamentare a cura di MF