PNRR – AUDIZIONE MINISTRO FOTI
Al 31 dicembre 2024 gli obiettivi del Pnrr raggiunti dall’Italia sono 337, pari al 54% del totale di 621. “Siamo a 61 miliardi di euro di spesa, abbiamo tre rate di fronte a noi da poter richiedere e 284 obiettivi da raggiungere”: il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti, che ha preso il posto del Commissario europeo Raffaele Fitto, ha illustrato alle Commissioni per le politiche Ue di Camera e Senato le linee programmatiche per il suo dicastero. Il Piano di ripresa e resilienza, osserva, “è evidente che sia un impegno che deve essere svolto con la massima attenzione, evitando facili entusiasmi per poi trovarsi con cocenti delusioni”. E ricorda che l’Italia è il primo Paese ad aver chiesto la sesta e la settimana rata: “Quando quest’ultima sarà liquidata avremo raggiunto 140 miliardi e oltre a nostra disposizione”.
Lo scenario internazionale con cui il vecchio continente è chiamato a confrontarsi è complesso. “Siamo in presenza di un mondo che appare caotico. C’è tanta carne al fuoco”, scandisce l’esponente di Fdi. In questo contesto, sostiene, “l’Europa deve rappresentare un punto di ragione rispetto al sistema di altri Continenti”. Ma per giocare un ruolo di rilievo ed essere forte all’esterno “deve dimostrarsi coesa al suo interno”. Intanto, l’Unione deve trovare coesione sulla competitività: il report di Draghi “mette a nudo alcune verità che si era portati a non voler ammettere”, afferma il Ministro, chiedendo di dare certezze alle imprese. Da dove partire? “Dobbiamo cercare, senza chiudersi in recinti, di porci il problema dei 300 miliardi che i popoli europei investono fuori dall’Europa e trovare formule di partecipazione di capitale che possano impegnare quelle risorse per rafforzare il sistema economico europeo”.
L’esponente di FdI non sfugge dal tema del Green Deal: non lo nomina esplicitamente, parla di “decarbonizzazione” e ripete la posizione del governo Meloni: “E’ una strategia che deve vedere oggi un punto di equilibrio tra la neutralità climatica e la neutralità tecnologica”. Tradotto: bene gli obiettivi del net zero, ma su come arrivarci lo decidano i singoli Paesi, anche perché bisogna fare i conti con la Cina che “è diventata una superpotenza manifatturiera mondiale” e con la nuova amministrazione Trump. Su questo, invita a concentrarsi sul trovare i modi per confrontarsi: “Dobbiamo avere una strategia europea a riguardo”, avverte. Nelle linee programmatiche, spazio anche alla politica di Difesa. Su questo Foti è chiaro: deve essere “coltivata, ma gli investimenti non possono andare a incidere sul welfare”. La proposta è puntare sui bond: “Discutere sulla possibilità di emettere obbligazioni europee per la difesa penso sia da inserire in agenda, insieme al tema dell’industria”. E per rendere competitivo il sistema industriale “il tema dell’energia non può essere eluso”, chiosa. Perché “mai come in questo mandato sarebbe importante raggiungere l’obiettivo di una politica europea che è stata finora la sommatoria di politiche degli Stati piuttosto che una politica di sistema”. (Nomos)
DECRETO PNRR
Le commissioni riunite Bilancio e Ambiente alla Camera hanno avviato l’esame del ddl di iniziativa governativa presentato il 31 dicembre scorso per la conversione in legge del dl Pnrr.
Il provvedimento, che reca “”misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, prevede, tra il resto, un piano straordinario da 180 milioni di euro tra il 2025 e il 2027 per fronteggiare situazioni di degrado e disagio giovanile nelle zone ad alta vulnerabilità sociale, da Rozzano (Milano) al Quarticciolo di Roma, fino a Rosarno (Reggio Calabria) e Caivano (Napoli).
Tra le altre principali novità, la costruzione urgente di impianti di dissalazione nei Comuni di Porto Empedocle, Trapani e Gela, e il fatto che il Gse, gestore dei servizi energetici, assumerà un ruolo di garante di ultima istanza per i rischi di inadempimento di controparte nei contratti di lungo termine da fonti rinnovabili. (Public Policy).
Iniziato il ciclo di audizioni. Tra le altre, in settimana, è stata ascoltata Asvis, l’Alleanza per lo Sviluppo sostenibile.
“La nostra sensazione è che gli interventi emergenziali o di velocizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dovrebbero essere l’occasione per affrontare in modo più strutturale i temi legati allo sviluppo sostenibile, magari con approfondimenti duraturi da parte del Parlamento, per evitare che le situazioni diventino emergenziali”.
Si tratta di uno dei messaggi lanciati da Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, in occasione dell’audizione alla Camera dei deputati, presso le Commissioni riunite bilancio e ambiente, il 20 gennaio, in merito al Disegno di legge (Ddl) di conversione del decreto 31 dicembre 2024 (numero 208) recante misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Pnrr.
Durante il suo intervento Giovannini ha ricordato che l’Italia non è ancora su un sentiero di sviluppo sostenibile, come descritto all’interno del Rapporto ASviS 2024. Per esempio, nonostante gli impegni presi a livello internazionale, anche con la firma del Patto sul Futuro, le scelte del Paese risultano insufficienti per raggiungere l’Agenda 2030. Dei 37 obiettivi quantitativi valutati nello studio e legati a impegni europei e nazionali, solo otto appaiono raggiungibili entro la scadenza del 2030, per 22 non sarà invece possibile raggiungerli, per gli altri sette il risultato è incerto. “È urgente e necessario un profondo cambiamento di approccio, mettendo lo sviluppo sostenibile al centro di tutte le politiche – ha continuato Giovannini, facendo poi qualche esempio -. Se parliamo di siccità, è evidente che la situazione sia destinata a peggiorare. Certo, i dissalatori in Sicilia possono essere una soluzione, anche se costosa, ma per risolvere le criticità occorre mettere in campo soluzioni strutturali. Sarebbe poi importante che la Commissione provasse a utilizzare i casi emblematici per valutare quanto i piani di riqualificazione urbana, lotta al dissesto idrogeologico e alla siccità, siano effettivamente coerenti con le necessità”.
Per quanto riguarda il capitolo dei finanziamenti degli interventi, Giovannini ha infine ribadito che “nel piano strutturale di bilancio mancano le risorse, in particolare quelle post 2026, che servono per portare a termine gli interventi interessati dai nuovi regolamenti dell’Unione europea e dagli impegni presi dall’Italia in sede internazionale. Sulla legge sulla riqualificazione urbana, per esempio, non c’è ancora un finanziamento per attuare la direttiva sulle case green, una precondizione per raggiungere una piena riqualificazione urbana. Importante sarà poi la semplificazione prevista per le energie rinnovabili, su cui però non possiamo non segnalare che il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) non dà risposte soddisfacenti, anche per realizzare gli impegni europei. Inoltre, qui le procedure continuano a essere lente e farraginose. Anche su questo c’è bisogno di un intervento strutturale che superi la frammentazione delle decisioni a livello regionale”. (Asvis.it)
DECRETO RICOSTRUZIONE POST CALAMITA’
Proseguite in settimana le audizioni in commissione. Sono stati ascoltati, tra gli altri, Anci, Upi e Anac.
Anci
“Anci giudica in modo positivo l’impianto generale del provvedimento, ma chiede un correttivo per evitare che i costi che derivano dalla gestione post emergenziale, e fino alla ricostruzione, siano a carico dei bilanci comunali”. È quanto ha affermato da Marco Fioravanti, presidente del Consiglio nazionale Anci e sindaco di Ascoli Piceno, nell’audizione di stamani davanti alla Commissione Ambiente del Senato sull’esame della “Legge quadro in materia di ricostruzione post-calamità” – ddl 1294 (il documento dell’Anci).
“Il provvedimento risponde alla richiesta Anci di un Testo Unico sulla ricostruzione che, facendo tesoro dell’esperienza dei sindaci e del loro operato durante le emergenze post sisma, dispone ‘a regime’ procedure e regole ordinarie per la ricostruzione dopo gli eventi calamitosi. Bisogna garantire – ha proseguito Fioravanti – risorse finanziarie, strumentali ed umane ai Comuni che si trovano a gestire non solo l’immediata emergenza post calamità naturale, ma soprattutto, gli oneri della successiva ricostruzione degli immobili pubblici e privati. Questo peso non può gravare sui Comuni, come invece prevede il testo attuale.
“Questa disposizione rende molto difficile sostenere i compiti straordinari richiesti dalla ricostruzione: dalla gestione delle macerie all’erogazione di contributi per la ricostruzione privata, dall’approvazione dei nuovi piani urbanistici fino alla progettazione delle opere pubbliche”.
L’emendamento proposto dall’Anci richiede pertanto che tali attività “straordinarie” siano finanziate dal Fondo dedicato alla ricostruzione, previsto dall’articolo 6 della legge quadro. “Alla base di tale richiesta – ha concluso il presidente del Consiglio nazionale Anci – vi è la necessità di poter derogare ai vincoli di spesa per l’assunzione di personale a tempo determinato, misura già riconosciuta nel testo ma da sola insufficiente, se non vi sono risorse dedicate”. (Anci.it)
Anac
Ci sono “diversi margini di miglioramento” per la legge quadro in materia di ricostruzione post-calamità, già approvata dalla Camera e ora in discussione al Senato: lo ha detto Giuseppe Busìa, presidente dell’Anac, davanti alla commissione Ambiente di Palazzo Madama, nell’ambito delle audizioni sul ddl 1294. “Un provvedimento molto importante” ha sottolineato Busia. “Abbiamo apprezzato che alcuni suggerimenti di Anac siano stati accolti in prima lettura, ma riteniamo che ci siano ulteriori margini di miglioramento, seguendo tre presupposti” ha aggiunto. In particolare, secondo Busìa, la ricostruzione non deve “mirare solo a ripristinate quanto esisteva, ma anche a dare una spinta per l’innovazione e e per accrescere l’attrattività dei territori”. Inoltre il Presidente dell’Anac ha rimarcato l’importanza di “creare competenze specifiche sulla ricostruzione nelle stazioni appaltanti, a partire dalle centrali di committenza”. Infine, è “fondamentale la trasparenza e il coinvolgimento della popolazione per avere una partecipazione attiva”. In sostanza, ha sottolineato il Presidente Busìa, i fondi della ricostruzione vanno usati anche come un’occasione per spingere verso l’innovazione e l’attrattività di quei territori, altrimenti interessati da fenomeni di abbandono e desertificazione. E’ utile poi che ci siano delle competenze specifiche da creare nelle stazioni appaltanti che si occupano di questi eventi straordinari, e quindi è utile che queste vengano concentrate in centrali di committenza che via via si specializzano per queste tipologie di procedure. E’ infine fondamentale che ci sia trasparenza e coinvolgimento della popolazione per avere partecipazione attiva a questi processi così difficili”. “Questi tre punti sono alla base di alcune proposte di modifica, che si possono sintetizzare in sette punti, necessari per migliorare ulteriormente un disegno di legge che condividiamo nello spirito” ha proseguito Busìa suggerendo che “il primo è che sarebbe importante, fermo restando che ci sono procedure in deroga, che la deroga non si applicasse per la digitalizzazione delle procedure contrattuali: la digitalizzazione consente di aumentare la trasparenza, coinvolgere i cittadini ed insieme di semplificare le procedure. Secondo punto: utilizzare la vigilanza collaborativa di Anac: si tratta di procedure che abbiamo utilizzato in altri casi, per esempio tutta la ricostruzione post terremoto nell’Italia centrale, dando buona prova di sé. Grazie ad essa, noi affianchiamo le stazioni appaltanti ed i soggetti attuatori, li aiutiamo vagliando in tempi molto rapidi i documenti attinenti alla procedura, sia in gara che nelle fasi successive: questo riduce il contenzioso e accelera”
“Il terzo punto è prevedere che, quando eccezionalmente si voglia prorogare l’emergenza oltre il quinquennio, come consente il decreto, tale decisione venga assunta solo dopo aver acquisito il parere delle commissioni parlamentari. Si tratta -ha spiegato Busìa di una durata estremamente ampia, che può arrivare a dieci anni, ed è importante che il Parlamento recuperi il suo ruolo di impulso e controllo su queste decisioni, tanto rilevanti per le comunità coinvolte e per l’intero Paese”. Quarto punto: “sarebbe importante prevedere che l’adozione delle procedure derogatorie da parte dei commissari sia solo facoltativa, consentendo cioè di utilizzare invece le procedure ordinarie laddove ciò sia opportuno”. “Il quinto punto riguarda i lavori finanziati anche dal PNRR, dove, oltre al rinvio alle procedure derogatorie già previste per le stesse, si introduce una possibile deroga alla deroga, che crea elementi di incertezza, apre a possibili contenziosi e quindi a rallentamenti e intralci laddove si vorrebbe semplificare”. Il Presidente dell’Anac ha anche evidenziato un sesto punto: “con riferimento alla tutela dei lavoratori impegnati nella ricostruzione, sarebbe importante oltre a incentivare i cantieri digitali, che aiutano a verificare anche il rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro, si dovrebbe sempre prevedere il rilascio del DURC di congruità, per verificare che quanto stimato per la manodopera sia coerente con i lavori da realizzare. Non derogare a questo strumento così importante è fondamentale in tema di subappalti. Da ultimo, con riferimento agli interventi privati, essendo questi ultimi finanziati con sovvenzioni pubbliche, oltre a garantire la tracciabilità, si dovrebbe, da un lato, prevedere la responsabilità solidale fra il contraente principale e il subappaltatore, in caso di ricorso al subappalto, analogamente a quanto avviene per i contratti pubblici. E, dall’altro, stabilire la revoca del contributo pubblico, qualora le regole in materia di subappalto non siano rispettate: sappiamo che i subappalti sono estremamente delicati per tante ragioni, ed estendere all’ambito privato alcune delle garanzie previste nei contratti pubblici sarebbe importante per tutelare i lavoratori ed insieme assicurare il migliore uso delle risorse pubbliche”. (Agenzia Dire)
Upi
“Consideriamo opportuna la definizione di una Legge quadro che assicuri al Paese, finalmente, un sistema strutturato e uniforme di norme per il coordinamento delle procedure e delle attività immediatamente successive alla chiusura dello ‘stato di emergenza’, per risolvere le difficoltà causata dalle disposizioni disomogenee, quando non espressamente in contrasto. Apprezziamo poi che il Parlamento, nel passaggio alla Camera dei Deputati, abbia accolto le richieste che avevamo avanzato come UPI, a partire dal coinvolgimento di UPI e delle Province nelle Cabine di coordinamento e nella Conferenza permanente. Restano aperte, però, alcune questioni per noi essenziali su cui chiediamo l’intervento del Senato. Non comprendiamo, infatti, perché si siano esclusi i beni pubblici di competenza delle Province, strade provinciali e scuole superiori, dall’elenco degli interventi su cui si prevede la ricostruzione pubblica”. Lo ha detto il rappresentante di UPI, Enzo Lattuca, Presidente della Provincia di Forlì-Cesena, intervenendo in audizione alla Commissione Ambiente del Senato sul Disegno di Legge Quadro sulla ricostruzione. “Questa omissione – ha spiegato Lattuca – è di fatto un passo indietro, considerato che proprio sulla ricostruzione delle strade provinciali, come è avvenuto nel caso dell’alluvione in Romagna, si chiede alle Province di concentrare gli interventi. Anche perché è proprio dalla ricostruzione immediata dei tratti di strada provinciale che discende la possibilità di ristabilire i collegamenti tra le comunità isolate”. Lattuca ha poi sottolineato la necessità che il Paese si doti, accanto a norme per la ricostruzione, di un nuova disciplina sulla pianificazione dei rischi che consenta di prevenire e ridurre gli impatti delle catastrofi e ha ricordato come “sebbene non rientri tra le funzioni assegnate, le Province hanno assunto nelle calamità un ruolo primario, sia nella fase di emergenza sia nel coordinamento delle rilevazioni dei danni sui beni pubblici, sia nel raccordo con gli altri enti interessati. Un ruolo che ci auguriamo che possa essere riconosciuto anche formalmente”.