Gas, maggiore flessibilità nello stoccaggio per ridurre i prezzi

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PARLAMENTO UE

Gas: maggiore flessibilità nello stoccaggio per ridurre i prezzi
Martedì 8 luglio, il Parlamento ha approvato in via definitiva nuove norme volte a garantire l’approvvigionamento di gas per l’inverno, contrastare la speculazione e ridurre i prezzi.

La legislazione, già concordata tra Parlamento e Consiglio, e approvata dall’Aula con 542 voti favorevoli, 109 contrari e 30 astensioni, proroga fino al 31 dicembre 2027 il sistema di stoccaggio istituito dall’UE nel 2022, che altrimenti sarebbe scaduto a fine 2025. L’obiettivo è garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in vista dell’inverno.

Parlamento e Consiglio hanno inoltre introdotto modifiche per allentare la pressione sul mercato, poiché le speculazioni sull’attuale obbligo di riempimento del 90% entro il 1° novembre facevano aumentare i costi del gas nei mesi estivi.

Flessibilità nel riempimento

Le nuove norme consentiranno agli Stati membri di raggiungere l’obiettivo del 90% di riempimento in qualsiasi momento tra il 1° ottobre e il 1° dicembre. Una volta raggiunto il 90%, non sarà obbligatorio mantenere tale livello fino al 1° dicembre.

In caso di difficili condizioni di mercato – ad esempio, segnali di speculazione che ostacolano un riempimento efficiente in termini di costi – gli Stati membri potranno derogare il raggiungimento di tale obiettivo fino a 10 punti percentuali. La Commissione potrà inoltre proporre di aumentare tale deroga di ulteriori cinque punti percentuali, per una stagione di riempimento, qualora le condizioni di mercato sfavorevoli dovessero persistere.

Verso la piena indipendenza dalle importazioni russe

L’autorità competente per il monitoraggio del riempimento degli stoccaggi in ciascuno Stato membro dovrà fornire informazioni sulla quota di gas proveniente dalla Federazione russa, in linea con le proposte della Commissione europea del 17 giugno. Ciò consentirà di verificare se e in quale misura il gas russo venga ancora stoccato nell’UE.

“La normativa del 2022 ha dimostrato che l’Europa è stata in grado di proteggere i suoi cittadini nel momento in cui la Russia utilizzava il gas come arma di ricatto“, ha dichiarato il relatore Borys Budka (PPE, Polonia). “Questa revisione garantirà maggiore flessibilità e meno burocrazia, ma soprattutto contribuirà a ridurre i prezzi del gas in Europa, mentre continuiamo a progredire verso l’indipendenza energetica da fornitori inaffidabili”, ha aggiunto.

Prossime tappe

La legge dovrà ora essere formalmente adottata dal Consiglio dell’UE prima della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE e della sua entrata in vigore.

Gli impianti di stoccaggio forniscono circa il 30% del gas consumato nell’UE durante l’inverno. La sicurezza energetica europea è diventata una priorità negli ultimi anni, in particolare a causa della dipendenza dell’Unione da paesi terzi per l’approvvigionamento energetico. La crisi energetica del 2022, aggravata dall’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina e dalla conseguente strumentalizzazione delle forniture di gas, ha evidenziato la necessità urgente di ulteriori misure per garantire forniture stabili e accessibili.

Tra queste, l’UE ha introdotto nuove regole sullo stoccaggio del gas. Tuttavia, il mercato globale del gas resta sotto pressione, con una forte concorrenza per il gas naturale liquefatto (GNL) e una persistente volatilità dei prezzi.


Economia circolare: nuove regole UE per rendere il settore automobilistico più sostenibile

Lunedì 7 luglio la commissione per l’ambiente e la commissione per il mercato interno ha adottato le sue proposte su nuove norme dell’UE per coprire l’intero ciclo di vita del veicolo, dalla progettazione al trattamento finale di fine vita.

Il regolamento si applicherebbe alle autovetture e ai furgoni un anno dopo la sua entrata in vigore (cinque anni per autobus, veicoli pesanti, rimorchi, motocicli, quad, ciclomotori e minicar). Vi sono alcune eccezioni, ad esempio per i veicoli per uso speciale e i veicoli di interesse storico. I deputati vogliono anche esentare i veicoli progettati e costruiti per l’uso da parte delle forze armate, della protezione civile, dei vigili del fuoco e dei servizi medici di emergenza e veicoli di particolare interesse culturale.

Le nuove norme imporrebbero che i nuovi veicoli siano progettati in modo da consentire la facile rimozione del maggior numero possibile di parti e componenti da parte di impianti di trattamento autorizzati, ai fini della loro sostituzione, riutilizzo, riciclaggio, rifabbricazione o ricondizionamento, ove tecnicamente possibile. I deputati aggiungono che i produttori non dovrebbero ostacolare la rimozione e la sostituzione di parti e componenti utilizzando aggiornamenti software.

I deputati vogliono inoltre che la plastica utilizzata in ogni nuovo tipo di veicolo contenga almeno il 20% di plastica riciclata, entro sei anni dall’entrata in vigore delle norme. Per garantire la necessaria prospettiva a lungo termine per l’industria e sbloccare gli investimenti, vogliono che i produttori raggiungano l’obiettivo di almeno il 25% entro 10 anni dall’entrata in vigore, se è disponibile una quantità sufficiente di plastica riciclata a prezzi non eccessivi. La Commissione dovrebbe introdurre obiettivi per l’acciaio e l’alluminio riciclati e le sue leghe, a seguito di uno studio di fattibilità.

Migliorare la gestione della fine del ciclo di vita dei veicoli e l’applicazione delle norme

I costruttori avrebbero esteso la responsabilità del produttore, coprendo i costi della raccolta e del trattamento dei loro veicoli che hanno raggiunto la fase di fine vita. Requisiti specifici si applicherebbero per la rimozione di parti e componenti, di liquidi e di componenti contenenti gas, refrigeranti e sostanze pericolose prima della triturazione. I deputati chiedono che le autorità nazionali effettuino ispezioni più regolari degli impianti coinvolti nella gestione e nel trattamento dei veicoli fuori uso e che elaborino piani di ispezione per identificare le attività illegali.

Rafforzamento delle norme sull’esportazione di veicoli usati

I veicoli usati dovrebbero essere esportati solo se non sono considerati veicoli fuori uso, dice il testo. I deputati propongono di chiarire i criteri che determinano quando un veicolo usato è un veicolo fuori uso, nonché la documentazione necessaria per le autorità doganali.

I correlatori Jens Gieseke (PPE, DE-ENVI) e Paulius Saudargas (PPE, LT – IMCO) hanno dichiarato: “Il voto odierno in commissione è un successo: il compromesso del Parlamento, sostenuto da un’ampia maggioranza, promuove un’economia circolare nel settore automobilistico. Promuove la sicurezza delle risorse, protegge l’ambiente e garantisce la sostenibilità. Per evitare di sovraccaricare il settore, abbiamo assicurato la fattibilità con obiettivi realistici, meno burocrazia e concorrenza leale. Una solida base per il voto in plenaria a settembre”.

Passaggi successivi

La relazione, adottata con 79 voti a favore, 27 contrari e 11 astensioni, dovrebbe essere adottata nella sessione plenaria dell’8-11 settembre.

Il 13 luglio 2023 la Commissione ha proposto un nuovo regolamento sui requisiti di circolarità per la progettazione dei veicoli e una migliore gestione dei veicoli fuori uso, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e del piano d’azione per l’economia circolare.

Nel 2023 nell’UE sono stati fabbricati 14,8 milioni di veicoli a motore, mentre sono stati immatricolati 12,4 milioni di veicoli. Sulle strade dell’UE circolano 285,6 milioni di veicoli a motore e ogni anno circa 6,5 milioni di veicoli giungono alla fine del loro ciclo di vita.


Diritti dei consumatori: accordo sulle norme per la risoluzione extragiudiziale delle controversie

L’accordo di giovedì 26 giugno tra Parlamento e Consiglio mira ad aumentare la consapevolezza dei consumatori e a incoraggiare una maggiore partecipazione delle imprese alle soluzioni extragiudiziali delle controversie.

La risoluzione alternativa delle controversie (ADR) coinvolge organismi extragiudiziali imparziali, come conciliatori, mediatori, arbitri, difensori civici e commissioni per i reclami, che aiutano i consumatori e le imprese a risolvere le questioni in modo amichevole, equo e a basso costo.

Le norme concordate mirano a modernizzare le norme ADR esistenti per l’economia digitale, facilitando la risoluzione delle controversie transfrontaliere e semplificando le procedure sia per i consumatori che per le imprese.

Ambito di applicazione e operatori commerciali di paesi terzi

Le norme concordate chiariscono l’ambito di applicazione del quadro ADR per le controversie in materia di diritti dei consumatori derivanti da un contratto, comprese le questioni che si verificano prima del contratto (ad esempio la pubblicità e la fornitura di informazioni) e dopo la sua cessazione (ad esempio l’uso di contenuti digitali).

Considerando che 2 transazioni online su 5 effettuate da consumatori dell’UE sono effettuate con operatori commerciali stabiliti in paesi terzi, l’accordo consente a tali operatori commerciali di partecipare anche alle procedure ADR.

Promuovere la partecipazione e garantire la responsabilità degli operatori

A meno che il diritto specifico dell’UE o la legislazione nazionale non impongano la partecipazione dei professionisti alla risoluzione extragiudiziale delle controversie, le imprese continueranno ad essere libere di decidere se partecipare o meno alla risoluzione alternativa delle controversie. Per promuovere la partecipazione dei professionisti e dei consumatori, gli Stati membri dovrebbero mettere in atto misure che incoraggino le transazioni extragiudiziali, ad esempio attraverso campagne di informazione, certificati o incentivi finanziari. A tal fine, dovrebbero prestare particolare attenzione ai settori con un numero elevato di reclami da parte dei consumatori, in particolare i settori dei trasporti e del turismo, compresi i diritti dei passeggeri aerei.

Le norme concordate introducono l’obbligo per i professionisti di rispondere se intendono avviare la procedura proposta quando un consumatore richiede l’intervento ADR. I negoziatori hanno convenuto che tale periodo non dovrebbe superare i 20 giorni lavorativi (30 nei casi complessi). La mancanza di risposta sarebbe considerata come un rifiuto, consentendo l’archiviazione dei casi.

Informazioni semplificate e di facile utilizzo

Le misure concordate consentono agli organismi ADR di raggruppare casi simili contro lo stesso professionista (con il consenso dei consumatori), portando a procedure più rapide e coerenti.

Devono mantenere siti web in cui i consumatori possano trovare facilmente informazioni su tali procedure, nonché presentare e monitorare i loro reclami online.

La relatrice del Parlamento Laura Ballarín Cereza (S&D, ES) ha dichiarato: “La revisione della direttiva ADR rappresenta un significativo passo avanti per i diritti dei consumatori. In base al nuovo accordo, gli Stati membri dovrebbero mettere in atto misure di incentivazione per incoraggiare la partecipazione sia dei consumatori che dei professionisti alle procedure di risoluzione alternativa delle controversie, in particolare nei settori che sono stati oggetto di ripetuti reclami da parte dei consumatori, come i vettori aerei. La direttiva riveduta estende inoltre l’ambito di applicazione agli operatori commerciali di paesi terzi, data l’attuale importanza del commercio elettronico.”

Se un consumatore ha un problema con un prodotto o un servizio che ha acquistato, ad esempio se un professionista si rifiuta di riparare un prodotto o di emettere un rimborso, ha la possibilità di risolvere la controversia in via extragiudiziale utilizzando una procedura alternativa di risoluzione delle controversie, un’alternativa semplice e a basso costo alle procedure giudiziarie. Ogni anno circa 300 000 controversie ammissibili tra consumatori e professionisti sono trattate da organismi ADR, con tassi di risoluzione compresi tra il 17 % e il 100 % in tutta l’UE. Ciononostante, l’adozione dell’ADR rimane bassa, in parte a causa della scarsa consapevolezza dei consumatori, dello scarso coinvolgimento dei professionisti, delle lacune di copertura, dei costi elevati e delle procedure complesse in alcuni Stati membri.

Il Parlamento e il Consiglio hanno concluso un “accordo in seconda lettura anticipata”. Il Consiglio dovrebbe adottare formalmente tale accordo, dopodiché il Parlamento voterà a favore dell’approvazione in seduta plenaria, in seconda lettura.

La direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE. Le disposizioni inizieranno ad applicarsi dopo 32 mesi.


COMMISSIONE UE

Quarto riesame dell’attuazione delle politiche ambientali

Lunedì 7 luglio la Commissione ha pubblicato il quarto riesame dell’attuazione delle politiche ambientali. Sostiene l’applicazione delle norme ambientali e sensibilizza in merito all’importanza delle norme ambientali dell’UE per garantire la prosperità, la competitività e la sicurezza ambientale nell’Unione europea.

I costi della mancata attuazione della normativa ambientale dell’UE a causa dell’inquinamento atmosferico e idrico, del degrado della natura e dei rifiuti sono stimati a 180 miliardi di EUR all’anno per l’UE. Si tratta di circa l’1% del prodotto interno lordo (PIL) dell’UE. L’attuazione delle politiche ambientali può ridurre tali costi, garantendo nel contempo condizioni di parità per le imprese in tutto il mercato unico dell’UE.

Il   riesame individua tendenze comuni a livello dell’UE, sulla base delle singole relazioni per paese dei 27 Stati membri dell’UE.  Il riesame comprende un’ampia gamma di informazioni sul grado di protezione, da parte degli Stati membri, della qualità dell’aria che i cittadini respirano, dell’acqua che bevono e della natura di cui godono. Inoltre, il riesame definisce azioni prioritarie concrete da migliorare in ciascuno Stato membro.

Stato di attuazione

La relazione evidenzia l’urgente necessità di migliorare l’attuazione del diritto ambientale dell’UE.

  • Economia circolare: mentre alcuni Stati membri stanno compiendo buoni progressi nell’utilizzare le risorse nel modo più efficace possibile nella produzione di beni e servizi, molti rischiano ancora di non raggiungere gli obiettivi di riciclaggio per il 2025. Ad esempio, la relazione rileva che diversi Stati membri dovrebbero migliorare la prevenzione dei rifiuti e ripristinare le discariche non conformi alle norme.
  • Acqua: è necessaria un’azione urgente per conseguire gli obiettivi dell’UE in materia di qualità e quantità dell’acqua dolce e per attenuare il crescente rischio di carenza idrica e siccità. Gli Stati membri devono utilizzare meglio i fondi dell’UE disponibili per raccogliere e trattare le acque reflue urbane.
  • Biodiversità: la perdita di biodiversità continua a prevalere sulla ripresa. Ciò è dovuto principalmente al cambiamento dell’uso del suolo a fini agricoli e all’intensificazione dell’agricoltura.  Gli Stati membri devono migliorare l’integrazione della protezione della natura in tutte le altre politiche e accelerare l’attuazione della legislazione sulla natura.
  • Inquinamento atmosferico: nonostante i notevoli progressi, il livello di inquinanti atmosferici è ancora troppo elevato in molti Stati membri. Ciò desta grave preoccupazione per la salute dei cittadini. La qualità dell’aria può essere migliorata passando a una mobilità sostenibile alimentata da fonti rinnovabili, migliorando l’efficienza energetica e introducendo tecniche agricole a basse emissioni, anche per il bestiame, il letame e la gestione dei fertilizzanti.
  • Clima:  gli sforzi di adattamento in ciascuno Stato membro devono essere intensificati per far fronte ai crescenti impatti dei cambiamenti climatici. Sebbene l’UE sia riuscita a dissociare le emissioni di gas a effetto serra dalla crescita economica, diversi Stati membri incontrano difficoltà nell’attuazione del sistema di scambio di quote di emissione per l’edilizia, il trasporto su strada e la piccola industria.

Investimenti, capitale umano e buona governance

La Commissione ha messo a disposizione degli Stati membri diversi fondi dell’UE per coprire il loro fabbisogno di investimenti, pari a circa 122 miliardi di EUR all’anno, per tutti gli obiettivi e le priorità ambientali. La maggior parte degli Stati membri deve utilizzare ulteriormente tali fondi per rafforzare la capacità degli Stati membri di realizzare un’attuazione efficace. In termini di governance ambientale, vi è ancora spazio per la maggior parte degli Stati membri per migliorare ulteriormente l’accesso del pubblico ai tribunali per contestare decisioni, atti o omissioni, in particolare nei settori della pianificazione relativi all’acqua, alla natura e/o alla qualità dell’aria.

La Commissione ha costantemente perseguito il monitoraggio e l’attuazione della legislazione ambientale. Il primo riesame dell’attuazione delle politiche ambientali è stato adottato nel febbraio 2017 ed è stato seguito dalle edizioni del 2019 e del 2022. Questi riesami si affiancano alla politica della Commissione per legiferare meglio, incentrata sul miglioramento dell’attuazione della legislazione e delle politiche esistenti. Sin dall’inizio, molti Stati membri hanno organizzato dialoghi nazionali sull’EIR sui temi prioritari individuati nelle loro relazioni. In molti casi sono state mobilitate anche le autorità regionali e locali e le principali parti interessate.


Azioni chiave avviate per far progredire l’economia circolare

Mercoledì 2 luglio la Commissione ha avviato diverse iniziative per accelerare la transizione dell’UE verso un’economia circolare preparare il terreno per la legge sull’economia circolare, prevista per il 2026. L’economia circolare migliora la competitività e la crescita economica promuovendo il riutilizzo, il riciclaggio e la rifabbricazione dei materiali. Il prossimo atto sosterrà gli obiettivi dell’UE nell’ambito della bussola per la competitività e del patto per l’industria pulita di raddoppiare la quota di materiale riciclato nell’economia dell’UE e diventare un leader mondiale nell’economia circolare entro il 2030.

Le iniziative adottate comprendono le norme sulle spedizioni di rifiuti e una valutazione della legislazione sui rifiuti elettronici. Inoltre, nei prossimi giorni saranno pubblicate nuove norme per migliorare l’efficienza di riciclaggio e il recupero dei materiali dai rifiuti di batterie. Il dialogo avvierà inoltre una consultazione pubblica con le parti interessate e inviterà ad avviare quanto prima prove. Queste nuove azioni riguardano diverse dimensioni dell’economia circolare e contribuiranno a promuovere la transizione e a rafforzare l’attuazione della legislazione esistente.

Digitalizzazione e classificazione delle spedizioni di rifiuti

La Commissione attuerà un sistema digitale di spedizione dei rifiuti. Ciò consentirà alle imprese di passare dalle procedure cartacee a quelle digitali per la spedizione dei rifiuti in tutto il mercato unico dell’UE, riducendo gli oneri amministrativi e contribuendo alla competitività. Ciò semplificherà le spedizioni transfrontaliere di rifiuti all’interno dell’UE, proteggendo nel contempo la salute umana e l’ambiente. Dal 21 maggio 2026 i sistemi digitali sostituiranno completamente le procedure cartacee, semplificando le operazioni, migliorando la tracciabilità e frenando le spedizioni illegali. Digitalizzando tali procedure, i rifiuti saranno riciclati negli impianti più efficienti di tutti gli Stati membri.

Parallelamente, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sull’armonizzazione della classificazione di determinati tipi di rifiuti (i cosiddetti rifiuti “elencati in verde”) per facilitarne le spedizioni transfrontaliere. La consultazione è accessibile attraverso il portale “Di’ la tua” fino al 31 ottobre 2025.

Valutazione della direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche

La Commissione ha pubblicato  una valutazione della direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). I RAEE sono fondamentali per affrontare le crescenti sfide nella gestione dei rifiuti elettronici e per allineare meglio le norme dell’UE agli obiettivi di un’economia circolare competitiva. Sono state individuate lacune fondamentali, come il fatto che quasi il 50 % di tutti i rifiuti elettronici non viene raccolto e che il riciclaggio non raggiunge gli obiettivi di raccolta negli Stati membri dell’UE. I rifiuti elettronici sono uno dei flussi di rifiuti in più rapida crescita in Europa, con un aumento di circa il 2% all’anno. C’è molto potenziale per utilizzare meglio i rifiuti elettronici, ad esempio recuperando e riciclando materie prime critiche e rafforzando l’economia circolare. La valutazione evidenzia inoltre la necessità di un nuovo approccio per migliorare la raccolta, il trattamento e gli incentivi di mercato e contribuirà a preparare la proposta della Commissione di rivedere la direttiva RAEE. Tale revisione costituirà una componente centrale della futura legge sull’economia circolare.

Prossime tappe

I riscontri del dialogo del 2 luglio, delle consultazioni e della valutazione della direttiva RAEE guideranno lo sviluppo della legge sull’economia circolare e faranno avanzare il passaggio dell’UE verso un’economia circolare.

Inoltre, la Commissione intende adottare nuove norme per migliorare l’efficienza di riciclaggio e il recupero dei materiali dalle batterie.

Ulteriori consultazioni con le parti interessate saranno avviate attraverso un processo di consultazione pubblica.

Le imprese manifatturiere dell’UE spendono in genere più del doppio per i materiali rispetto al lavoro o all’energia. Molte imprese dell’UE dipendono anche dalle importazioni di materiali critici da paesi terzi, il che le rende vulnerabili alla volatilità dei prezzi e alle carenze di approvvigionamento. Pratiche circolari che promuovono l’efficienza delle risorse, la progettazione e il riciclaggio possono ridurre questi rischi riducendo al contempo i costi. Inoltre, le soluzioni circolari sono fondamentali per conseguire la neutralità climatica entro il 2050, in quanto possono conseguire il 20-25 % delle necessarie riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra.


CONSIGLIO UE

Bilancio annuale dell’UE: il Consiglio concorda la sua posizione sul progetto di bilancio 2026

Mercoledì 9 luglio il Consiglio ha raggiunto un accordo sulla sua posizione sul progetto di bilancio dell’UE per il 2026. In totale, la posizione del Consiglio per il bilancio del prossimo anno ammonta a 186,24 miliardi di euro in impegni e 186,49 miliardi di euro in pagamenti, esclusi gli stanziamenti previsti per gli strumenti speciali al di fuori del quadro finanziario pluriennale (QFP).

Nel complesso, il Consiglio adotta un approccio prudente e realistico, basato su una serie di principi generali.

“In un mondo che cambia, abbiamo bisogno di un’Europa forte. Per fare ciò è necessario un budget comune che sostenga le nostre priorità condivise, lasciando al contempo spazio per gestire sfide impreviste. Sono incoraggiato dal sostegno unanime degli Stati membri alla posizione del Consiglio sul bilancio dell’UE per il 2026. Fornisce un solido mandato per i prossimi negoziati con il Parlamento europeo”.
Nicolai Wammen, ministro danese delle Finanze, capo negoziatore del Consiglio sul bilancio 2026

In primo luogo, il Consiglio sottolinea l’importanza di garantire che il bilancio per il 2026 sia a un livello adeguato per l’attuazione delle politiche e dei programmi.

In secondo luogo, il bilancio 2026 dovrebbe salvaguardare la capacità dell’UE di far fronte alle crisi e alle sfide in corso, come in Ucraina e in Medio Oriente, rafforzando la prontezza e la preparazione dell’Europa in materia di difesa, nonché di affrontare le pressioni migratorie in linea con le priorità di revisione del QFP.

In terzo luogo, il Consiglio ritiene che il bilancio del prossimo anno dovrebbe consentire margini sufficienti al di sotto dei massimali del QFP 2021-2027 per far fronte a crisi e circostanze impreviste.

Allo stesso tempo, il bilancio 2026 dovrebbe fornire risorse sufficienti per consentire il pagamento degli impegni già assunti a tempo debito.

La tabella seguente riporta una sintesi della posizione del Consiglio:

Gli impegni sono promesse giuridiche di spendere denaro per attività la cui attuazione si estende su diversi esercizi finanziari.

I pagamenti coprono le spese derivanti dagli impegni iscritti nel bilancio dell’UE nel corso dell’esercizio finanziario in corso e di quelli precedenti.

Oltre alla sua posizione, il Consiglio ha rilasciato anche due dichiarazioni: una sui pagamenti nel 2026 e una sulle spese amministrative.

Passaggi successivi

L’accordo  è stato raggiunto tra gli ambasciatori degli Stati membri presso l’UE (Coreper). Il Consiglio intende adottare formalmente la sua posizione mediante una procedura scritta in settembre. La posizione del Consiglio servirà da mandato alla presidenza danese del Consiglio per negoziare il bilancio dell’UE per il 2026 con il Parlamento europeo. Quest’anno, il termine legale per raggiungere un accordo sul bilancio annuale è il 17 novembre 2025 a mezzanotte.

Si tratta del sesto bilancio annuale nell’ambito del bilancio a lungo termine dell’UE, il quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027. Il bilancio 2026 è integrato da azioni a sostegno della ripresa dalla COVID-19 nell’ambito di Next Generation EU, il piano dell’UE per la ripresa dalla pandemia.


Omnibus, il Consiglio rinvia gli obblighi di sostenibilità per le piccole e medie imprese

La parola d’ordine è sempre la stessa: semplificazione. Ma dietro alla decisione del Consiglio dell’Unione Europea, resa nota nella nottata del 23 giugno c’è in realtà l’esonero di obblighi ambientali per le piccole e medie imprese, che costituiscono, specie in Paesi come l’Italia, la colonna vertebrale del sistema industriale. Più precisamente i rappresentanti degli Stati membri hanno dato seguito al mandato negoziale del Consiglio e hanno accettato di semplificare le direttive in materia di rendicontazione della sostenibilità delle imprese (CSRD) e sulla due diligence (CS3D) riducendo l’onere di segnalazione e limitando l’effetto di riduzione degli obblighi alle imprese più piccole.

“Oggi abbiamo mantenuto la nostra promessa di semplificare le leggi dell’UE” ha detto Adam Szàapka, ministro della Polonia, che avrà la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea fino al 30 giugno. “Stiamo compiendo un passo decisivo verso il nostro obiettivo comune di creare un ambiente imprenditoriale più favorevole per aiutare le nostre aziende a crescere, innovare e creare posti di lavoro di qualità”.

La proposta votata ieri fa parte del pacchetto “Omnibus I” adottato dalla Commissione il 26 febbraio 2025 per semplificare la legislazione dell’UE nel settore della sostenibilità. “Tenuto conto di implicazioni significative per la comunità imprenditoriale – si legge nella nota stampa – il Consiglio ha trattato la presente proposta con la massima priorità volta a fornire alle imprese dell’UE la necessaria certezza del diritto per quanto riguarda i loro obblighi di rendicontazione in materia di sostenibilità e di due diligence”.

Il mandato del Consiglio rinvia inoltre il termine di recepimento della direttiva CS3D (quella su due diligence), allungando i termini già dilatati indicati dalla Commissione: adesso la scadenza è posticipata addirittura al 26 luglio 2028. Ora la presidenza del Consiglio dell’UE può avviare negoziati con il Parlamento europeo, una volta che quest’ultima raggiunge la propria posizione negoziale, al fine di raggiungere un accordo definitivo sulla proposta della Commissione.

Il contesto di riferimento dell’Omnibus

Nell’ottobre 2024 il Consiglio europeo ha invitato tutte le istituzioni dell’UE, gli Stati membri e le parti interessate, in via prioritaria, a portare avanti il lavoro, in particolare in risposta alle sfide individuate nelle relazioni degli italiani Enrico Letta e Mario Draghi, che indicavano le sfide da affrontare per il Vecchio Continente affinché non restasse impantanato nell’attuale guerra tra potenze globali (Stati Uniti e alleati occidentali da un lato, i Brics + dall’altra). La dichiarazione di Budapest dell’8 novembre 2024 chiedeva successivamente di “lanciare una rivoluzione della semplificazione”, garantendo un quadro normativo chiaro, semplice e intelligente per le imprese e riducendo drasticamente gli oneri amministrativi, normativi e di comunicazione, in particolare per le piccole e medie imprese.

Quella della semplificazione è stato il mantra delle scorse elezioni europee del giugno 2024 e, una volta insediate, le nuove istituzioni hanno dato seguito alle promesse. Il 26 febbraio 2025, come seguito dell’invito dei leader dell’UE, la Commissione ha presentato due pacchetti “Omnibus”, volti a semplificare la legislazione esistente nei settori della sostenibilità e degli investimenti. Il 20 marzo 2025 i leader hanno esortato i colegislatori a portare avanti questi pacchetti di semplificazione Omnibus in via prioritaria e con un alto livello di ambizione, al fine di finalizzarli il prima possibile, possibilmente già entro la fine dell’anno corrente.

In questa occasione il Consiglio europeo ha invitato specificamente i colegislatori ad adottare senza indugio il meccanismo “Stop-the-clock” entro il giugno 2025. Il 14 aprile 2025 il Consiglio ha adottato il meccanismo e rinviato di due anni l’entrata in vigore dei requisiti CSRD per le grandi imprese che non hanno ancora iniziato a segnalare, nonché le piccole e medie imprese quotate in borsa, e di un anno il termine di recepimento e la prima fase della domanda (che copre le maggiori società) del CS3D.

Ancora non era forse del tutto chiaro ma i rinvii sulla sostenibilità erano ancora gli inizi. Il Green Deal che ha caratterizzato la scorsa legislatura della Commissione, guidata allora come oggi dalla tedesca Ursula von der Leyen, ha cominciato ad essere smantellato e quest’opera di demolizione sta proseguendo, come abbiamo visto ad esempio col clamoroso rinvio della direttiva Green claims.

Cosa cambia con il voto del Consiglio dell’Ue per le imprese

Per quanto riguarda il CSRS, cioè la direttiva in materia di rendicontazione della sostenibilità delle imprese, la Commissione aveva proposto lo scorso febbraio di aumentare la soglia dei lavoratori a 1000 dipendenti e di eliminare le piccole e medie imprese (pmi) elencate dal campo di applicazione della direttiva. Nel suo mandato, il Consiglio ha aggiunto una soglia netta di oltre 450 milioni di euro per alleviare ulteriormente l’onere di segnalazione per le imprese. Il mandato del Consiglio introduce inoltre una clausola di riesame relativa a un’eventuale estensione del campo di applicazione per garantire un’adeguata disponibilità delle informazioni sulla sostenibilità delle imprese.

Sulla CS3D, cioè la direttiva sulle due diligence, il Consiglio ha aumentato le soglie a 5000 dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato netto. Secondo il Consiglio, tali grandi imprese possono avere la maggiore influenza sulla loro catena del valore e sono meglio attrezzate per assorbire i costi e gli oneri dei processi disciplinati dalla direttiva due diligence.

Di norma, la proposta della Commissione limita i requisiti di due diligence alle operazioni proprie della società, a quelle delle sue controllate e a quelle dei suoi partner commerciali diretti («livello 1»). Il mandato del Consiglio modifica la direzione, basandosi, si legge nella nota stampa, su “un approccio basato sul rischio, concentrandosi su settori in cui è più probabile che si verifichino impatti negativi effettivi e potenziali”. Viene cioè lasciata discrezionalità alle imprese che non dovranno più svolgere, scrive il Consiglio, “un esercizio di mappatura completo” ma un monitoraggio più generale”, basando gli sforzi su “informazioni ragionevolmente disponibili”. Per garantire un’adeguata protezione degli obiettivi politici, infine, “il mandato del Consiglio garantisce che gli obblighi di identificazione e valutazione siano estesi in caso di informazioni oggettive e verificabili che suggeriscano impatti negativi al di là dei partner commerciali diretti”.

La proposta della Commissione semplifica pure le disposizioni sui piani di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici allineandole alla direttiva CSRD. L’obbligo di attuare tali piani è sostituito da un chiarimento che tale piano di transizione comprende la definizione di azioni di attuazione (pianificata e adottata).

Con la decisione del 23 giugno, il Consiglio in aggiunta limita inoltre l’obbligo per le imprese di adottare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici e consente alle autorità di vigilanza di fornire consulenza alle imprese in materia di progettazione e attuazione di tali piani. Per ridurre ulteriormente gli oneri e fornire alle imprese un tempo sufficiente per preparativi adeguati, il Consiglio rinvia anche l’obbligo di adottare piani di transizione di due anni.

Infine il Consiglio ha approvato la proposta della Commissione di sopprimere il regime di responsabilità armonizzato dell’UE e l’obbligo per gli Stati membri di garantire che le norme sulla responsabilità siano di applicazione obbligatoria prevalente nei casi in cui la legge applicabile non sia la legislazione nazionale dello Stato membro. (articolo di Andrea Turco pubblicato su Economiacircolare.com).


LE ALTRE NOTIZIE

Fondi Ue. Finanziamento politiche di coesione, l’Emilia-Romagna guida la protesta di 149 Regioni europee e scrive a Von der Leyen

“La nostra è una firma per dire no a qualsiasi ipotesi di centralizzazione a livello statale del finanziamento delle politiche di coesione”.

Così il presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale, commenta la decisione di 149 Regioni europee di 20 Stati membri riunite nell’iniziativa EUregions4cohesion, di scrivere alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per mettere nero su bianco la loro contrarietà alla proposta di riforma della politica di coesione della Commissione europea che sarà presentata il 16 luglio.

“La proposta della Commissione europea- spiega de Pascaleprevede una riforma profonda del sistema di finanziamento delle politiche di coesione, ispirandosi al modello del Pnrr con un ruolo primario degli Stati al posto delle Regioni. Questo rischia di rendere marginale il ruolo delle regioni e della loro capacità di lettura dei territori, che sono invece elementi fondamentali nella progettazione di politiche che puntino a ridurre le disparità”.

La lettera è frutto di numerose iniziative di interlocuzione che la Regione Emilia-Romagna, che coordina EUregions4cohesion insieme a all’Aquitania, ha avuto nell’ultimo anno con la Commissione e il Parlamento europei e il Comitato delle regioni.  Un lavoro che, per il territorio dell’Emilia-Romagna, ha visto impegnati anche Vincenzo Colla, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, e gli assessori Davide Baruffi (Bilancio e Programmazione fondi europei), e Alessio Mammi, (Agricoltura e Rapporti con la Ue).

Nella lettera i firmatari esprimono “preoccupazioni sul futuro della politica di coesione, nel quadro della prossima proposta sul Quadro Finanziario Pluriennale” e sottolineano che “noi, le Regioni, siamo al cuore dell’Europa e abbiamo dimostrato di essere le più efficaci nell’investire le risorse europee in modo mirato ed efficiente, contribuendo concretamente al progetto di integrazione europea”.

Si mette poi in evidenza che “la politica di coesione rappresenta il principale legame tra i cittadini europei e l’Unione Europea” e che è anche “la base della resilienza economica, sociale e territoriale dell’Unione”. Nella lettera, in ragione di questi elementi, si ribadisce che “rafforzare la politica regionale è condizione necessaria per il buon funzionamento del Mercato Unico europeo”.

Due le richieste dei firmatari: da un lato “una regolamentazione specifica per tutti gli strumenti dedicati alla politica di coesione, che ne garantisca i principi fondamentali: approccio territoriale, partenariato e sussidiarietà. Le Regioni d’Europa devono avere un ruolo centrale nella programmazione e nell’attuazione, attraverso la gestione condivisa e una governance multilivello, assicurando negoziazione diretta con la Commissione europea”. In secondo luogo, “un bilancio specifico per la politica di coesione, con la definizione a livello europeo di dotazioni regionali indicative basate sull’attuale metodologia consolidata, che considera indicatori economici e sociali”.

I rappresentanti delle 149 regioni firmatarie concludono con il rifiuto di “qualsiasi ipotesi di centralizzazione a livello statale e la discrezionalità nell’allocazione delle risorse”. Un simile approccio, spiegano, “metterebbe a rischio l’accesso alla politica di coesione da parte di tutte le Regioni e aumenterebbe la complessità della sua attuazione. Questo potrebbe allentare l’efficacia degli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale e ampliare, invece che ridurre, le disparità tra territori. Alla vigilia della proposta sul Quadro Finanziario Pluriennale, intendiamo così portare il nostro contributo al dibattito sul futuro dell’Europa”. (Fonte: Regione Emilia – Romagna).


CBAM, l’UE accelera sul meccanismo di adeguamento del carbonio

Riduzione degli oneri burocratici, più tutele per le piccole e medie imprese e certezza normativa: l’Unione Europea accelera sulla semplificazione del CBAM, il meccanismo per proteggere il mercato europeo dalle importazioni ad alta intensità di carbonio. Prosegue dunque la strada della semplificazione o, a seconda dei punti di vista, della deregolamentazione. Questa volta a essere interessato dal “nuovo” corso dell’UE è il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), uno strumento chiave della politica climatica europea pensato per evitare la “fuga del carbonio” e garantire concorrenza leale tra imprese europee e produttori esteri.

La nuova intesa, parte del pacchetto legislativo “Omnibus I”, punta a semplificare gli obblighi normativi e ridurre i costi di conformità, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI), senza compromettere gli obiettivi climatici dell’Unione. Dopo l’accordo provvisorio degli scorsi giorni tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europea, il testo dovrà ora essere formalmente. L’adozione definitiva del nuovo regolamento sul CBAM è attesa entro settembre 2025.

A essere interessati dal CBAM sono in particolare alcuni settori industriali – tra cui acciaio, cemento, fertilizzanti e altri beni ad alta intensità di emissioni. “La semplificazione è una priorità per la presidenza polacca del Consiglio UE. Questo accordo rappresenta un passo concreto per ridurre la burocrazia e rilanciare la competitività europea”, ha dichiarato Adam Szłapka, ministro per l’Unione Europea della Polonia, che fino al 30 giugno sarà presidente di turno.

CBAM semplificato: cosa cambia per le imprese

Il cuore della riforma è l’introduzione di una nuova soglia “de minimis”: gli importatori che acquistano fino a 50 tonnellate di merci CBAM all’anno saranno esentati dagli obblighi previsti dal regolamento. La misura è pensata per alleggerire il carico burocratico di PMI e cittadini che commerciano in piccole quantità, sostituendo la precedente esenzione, molto più limitata, basata sul valore economico delle merci.

Oltre all’esenzione per le piccole importazioni, il nuovo CBAM semplificato include:

una procedura di autorizzazione più snella per gli importatori;
regole semplificate per la raccolta dati e il calcolo delle emissioni incorporate;
linee guida più chiare per la verifica delle emissioni;
possibilità di ottenere riconoscimento dei prezzi del carbonio già pagati nei Paesi terzi;
norme più trasparenti su responsabilità finanziarie e sanzioni.

Importante anche la previsione transitoria per il 2026: durante il periodo iniziale di attuazione, gli importatori potranno continuare le proprie attività mentre attendono la registrazione CBAM, evitando blocchi o interruzioni commerciali.

La direzione presa dall’Unione Europea su direttive e regolamenti a tema ambientale dalle elezioni del giugno 2024 – e in realtà già nell’ultima fase del precedente mandato della Commissione Ue, guidata ieri come oggi dalla tedesca Ursula von der Leyen – è di alleggerire le indicazioni normative e lasciare ampio spazio alla discrezionalità delle imprese.

In particolare l’accordo sul meccanismo CBAM è il primo risultato concreto delle richieste avanzate dal Consiglio Europeo nell’ottobre 2024 e riprese nella Dichiarazione di Budapest del novembre successivo, che invoca una vera e propria “rivoluzione della semplificazione normativa” a favore della competitività europea, soprattutto per le piccole imprese.

Nel febbraio 2025 la Commissione Europea ha risposto con due pacchetti “Omnibus”, tra cui il presente intervento sul CBAM, mirati a semplificare la legislazione UE in materia di sostenibilità e investimenti. E ora non solo l’adozione entro settembre si avvicina ma con essa anche l’esenzione per il nuovo anno. (Fonte: Economiacircolare.com).


L’accettazione dell’idrogeno come fonte di energia rinnovabile: il progetto HYPOP

La Strategia Europea per l’Idrogeno ne delinea l’utilizzo come “essenziale per sostenere l’impegno dell’UE a raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050 e per lo sforzo globale di attuare l’Accordo di Parigi, lavorando al contempo verso l’inquinamento zero”.

L’idrogeno, infatti, è un vettore energetico a zero emissioni, con capacità di stoccaggio e riserva di energia: consente la sostituzione di combustibili fossili nei processi industriali ad alta intensità di carbonio, la decarbonizzazione di parti del sistema di trasporto, e il riutilizzo di gasdotti esistenti.

Grazie a queste sue caratteristiche, si pone come un’ottima risorsa per la transizione verso un’economia neutrale dal punto di vista climatico. Tuttavia, il suo utilizzo in Europa è ad oggi piuttosto limitato: nel 2022, ha rappresentato il “2% del consumo energetico europeo ed è stato utilizzato principalmente per produrre prodotti chimici, come plastica e fertilizzanti.

Che cosa impedisce un utilizzo più ampio dell’idrogeno come fonte di energia in Europa? Esistono limiti materiali che ne inficiano la produzione e stoccaggio, ma anche riserve da parte della società civile e dei decisori politici.

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Fonte: Parlamento, Commissione e Parlamento UE