Autonomia regionale: una nuova governance per il settore ambientale?

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Si parla da tempo del progetto di autonomia regionale chiesto da Lombardia, Veneto ed Emilia – Romagna per ottenere la gestione diretta e a risorse certe di numerose competenze nei propri territori. Per quanto riguarda l’Emilia – Romagna, la richiesta verte su quindici competenze in tema di istruzione professionale, internazionalizzazione delle imprese, salute e tutela dell’ambiente.

Al momento, si tratta di progetti sui quali circolano solo delle bozze di intesa, dal momento che il tema è oggetto di un serrato dibattito a livello governativo sulle sue modalità di attuazione e dunque la trattativa con le Regioni interessate è tuttora in corso. Da queste prime bozze però, Ref Ricerche ha tratto una prima analisi pubblicata nel position paper (disponibile a questo link) “L’ambiente e le istanze autonomiste: evoluzione o involuzione?” che si concentra appunto sul regionalismo differenziato applicato in capo ambientale.

Per quanto riguarda questo settore,  secondo le intese in discussione analizzate nello studio di Ref, le tre Regioni avrebbero ottenuto di poter definire i criteri per la distinzione tra sottoprodotti e rifiuti, la competenza sull’End of Waste (cioè i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto), con l’intento di rilanciare l’economia circolare, la disciplina per l’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura. Alle tre Regioni dovrebbero inoltre essere demandate l’individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti e la definizione dei criteri per determinare le garanzie finanziarie in favore delle Regioni per la gestone dei rifiuti. L’Emilia – Romagna inoltre, potrebbe intervenire sugli accordi regionali per il trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati.

Le istanze afferenti alla tutela delle acque (su cui l’Emilia – Romagna ha richiesto sei competenze) riguardano invece l’individuazione degli ATO del servizio idrico integrato, una maggiore incidenza sulle attività di pianificazione delle autorità di bacino distrettuale, la programmazione triennale degli interventi per attuare il piano di tutela delle acque, l’individuazione dei criteri tecnici per il riutilizzo delle acque reflue.

Il regionalismo differenziato è un tema trasversale – si legge nel documento di REF – che si pone essenzialmente in tema di public governance, più che di risorse finanziarie da quantificare e trasferire dal centro alla periferia.” Per la tutela dell’ambiente e delle acque infatti, lo studio di Ref, quantifica i costi massimi in 36 milioni di euro. “Ma non è questo il punto focale della questione – continua lo studio – quanto il fatto che, nella materia ambientale, le 3 Regioni vantano una lunga storia di best practice che le rende indubbiamente le più virtuose del Paese. Lombardia ed Emilia – Romagna per esempio, sono le uniche due Regioni autosufficienti nella gestione del rifiuto urbano, avendo combinato efficacemente differenti modelli di raccolta con un’adeguata capacità impiantistica.”

Senza contare il fatto che l’Emilia – Romagna è l’unica tra le grandi regioni italiane a non avere nessuna procedura di infrazione in corso nel settore della tutela delle acque, in virtù di una dotazione delle reti fognarie e depuratori aderenti alle direttive europee.

Alla luce di questi dati – conclude lo studio di Ref – la maggiore autonomia potrebbe migliorare ulteriormente una governance già di buon livello. Vi sarebbe un avanzamento per le Regioni di riferimento, senza accrescere gli squilibri territoriali interni ma anzi si fungerebbe da stimolo all’adozione capillare delle migliori best practice”.

(Red/MF)