Amir SpA, società patrimoniale pubblica che amministra la proprietà delle infrastrutture, reti ed impianti funzionali al ciclo idrico integrato (acqua, fognatura e depurazione) in provincia di Rimini, chiude il bilancio 2022 con un utile di 25mila euro. “Un risultato apprezzabile alla luce di molte e importanti variabili intervenute in corso d’anno – ha spiegato l’amministratore unico Alessandro Rapone (nella foto) all’assemblea dei soci chiamata all’approvazione del rendiconto – Innanzitutto un nuovo sistema di calcolo dei ricavi, penalizzante rispetto agli anni precedenti. Turbolenze finanziarie internazionali inoltre hanno generato ritardi nei cantieri e quindi nel recupero in tariffa della remunerazione del capitale investito. In generale le aziende del comparto idrico hanno visto peggiorare i dati economici, anche per l’aumento dei costi energetici. Da sottolineare infine che Amir sta continuando a rinunciare a parte degli oneri finanziari a favore della tariffa, cioè degli utenti. In questa delicata congiuntura l’azienda mantiene comunque il suo equilibrio economico-finanziario, con un aumento della posizione finanziaria netta da 1,2 a 8,2 milioni di euro”.
Nel corso della seduta è stato inoltre confermato l’orientamento a “supportare le Amministrazioni comunali socie, a cui complessivamente, nel corso degli ultimi cinque esercizi, sono stati liquidati circa 15 milioni di euro tra destinazione di utili, distribuzione di riserve e riduzione di capitale sociale”.
Per quanto riguarda la mission aziendale, Amir SpA nel 2022 ha finanziato e realizzato interventi sul territorio provinciale per complessivi 3,3 milioni di euro, in ambito acquedotto, fognatura e depurazione. Lavori che hanno interessato, oltre a Rimini, Santarcangelo di Romagna, Bellaria-Igea Marina, Novafeltria e Coriano.
Con gli accordi attuativi già in essere e gli impegni definiti dal nuovo contratto di servizio tra l’authority regionale Atersir e il gestore, Amir SpA è esposta ad una mole di investimenti che per il quadriennio 2020/23 ammonta a 10 milioni di euro. E per il 2024 si prevedono ulteriori interventi per complessivi 4,2 milioni di euro.
A margine dell’assemblea dei soci l’amministratore unico Rapone si è quindi soffermato sull’alluvione che ha colpito la Romagna: “Siamo di fronte a una tragedia che induce a riflessioni circa l’importanza di un’attenta pianificazione nella gestione del territorio e nella realizzazione di preziose infrastrutture. In gran parte si tratta di opere costose, non sempre visibili; le fognature in questo senso sono l’esempio per eccellenza. Opere quindi che non contribuiscono a generare consenso immediato, ma che in casi estremi come quelli a cui abbiamo assistito in questi giorni si dimostrano di vitale importanza”.
“Il territorio riminese – sottolinea – è stato in parte risparmiato anche grazie ad alcuni interventi strategici, a partire dal deviatore del fiume Marecchia (1938), il tombinamento di Ausa e Mavone (1969), nonché la riqualificazione del sistema fognario definita con il Piano di salvaguardia della balneazione ottimizzato, in corso di completamento”. “Purtroppo a Rimini il problema delle alluvioni provocate dal fiume Marecchia si è manifestato per diversi secoli, aggravato dagli straripamenti dell’Ausa, tanto da trasformare la città letteralmente in un’isola. Tra le più clamorose esondazioni di cui abbiamo memoria storica – ricorda – quella del 1865, quando piazza Cavour fu sommersa da 60 centimetri d’acqua, e quella del 1910, causa di enormi danni. Fu proprio quel disastro a rendere più sollecita l’opportuna decisione a cui si arrivò nel 1919, la costruzione del deviatore Marecchia. Seguì la ricerca dei contributi, il progetto esecutivo, l’inizio dei lavori nel 1927, poi rallentati da un’ulteriore piena nel 1935, per arrivare alla conclusione dell’opera nel 1938. Invito quindi a riflettere su quanto sia importante considerare opere e infrastrutture finalizzate alla sicurezza idraulica con una valenza che va compresa sulla base di eventi estremi di natura ciclica”.