Dall’emergenza alla prevenzione: il cambio di paradigma necessario per affrontare i cambiamenti climatici

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Un cambio di paradigma nell’adattamento ai cambiamenti climatici, che sposti il focus dall’emergenza alla prevenzione. E’ la riflessione contenuta nell’ultimo contributo del laboratorio Ref Ricerche, che fa il punto sulle conseguenze, in termini economici, di fenomeni meteorologici estremi e dissesto idrogeologico nel nostro Paese e, più in generale di tutto ciò che comportano i cambiamenti climatici sull’ambiente.

L’analisi parte da alcuni dati di fatto: Il 17% della superficie nazionale è considerato a maggiore pericolosità, con quasi 1,3 milioni di abitanti a rischio frane, con due terzi di quelle censite in Europa che si sono verificate in Italia, specialmente dal 2000 a oggi e oltre 6 milioni di abitanti a rischio alluvioni. 2 siccità gravi su 3, tra quelle accadute negli ultimi 45 anni, si datano dal 2000 in poi, segno evidente di un trend in rapida ascesa

Negli ultimi sei anni infatti – si legge nel documento REF – il costo degli 87 stati di emergenza dichiarati nel Paese eccede i 9 miliardi di euro.

Da sottolineare che l’Emilia – Romagna è la regione dove sono stati dichiarati più stati di emergenza (12 su 87 appunto), con l’ammontare di costi riconosciuti più elevato e pari a 1,1 miliardi di euro, valore analogo solo alla Campania.

(Infografica tratta dal profilo Linkedin di REF)

Negli ultimi 20 anni sono stati stanziati in Italia 5,6 miliardi per mitigare il rischio idrogeologico ma, a livello nazionale, solo il 44% delle risorse stanziate è stato effettivamente speso mentre addirittura  il 15% dei lavori non è stato avviato o addirittura definanziato. Ciò significa che si è speso molto per rimediare ai danni e poco per prevenirli.

In questo contesto, “la valutazione sulla spesa – si legge nel documento – è un indicatore della capacità dell’Amministrazione pubblica di realizzare gli interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico, per cui le risorse sono state stanziate. Rendere l’azione più efficace è condizione indispensabile, anche perché le risorse disponibili non sono sufficienti. A fine 2017, il fabbisogno economico generale corrispondente alle richieste delle Regioni per la prevenzione del rischio idrogeologico, non ancora finanziato, ammonta a quasi 22,9 miliardi per 8.245 interventi”.

Come la Commissione Europea ha raccomandato – conclude il documento di REF Ricerche – occorre pianificare e realizzare investimenti in prevenzione del rischio al fine di ridurre la spesa per l’emergenza. Un cambio di approccio che consentirebbe risparmi per le finanze pubbliche (in un rapporto di 1 a 7 secondo le stime) e di vite umane. Le recenti iniziative avviare (Piano nazionale di interventi nel settore idrico, Piano Proteggi Italia) vanno sicuramente nella giusta direzione e possono rappresentare l’avvio di un nuovo corso, cui va assicurata la necessaria continuità di azione”.

 

(Red/MF)