Emergenza Covid – 19: sul settore rifiuti, un impatto da 1 miliardo di euro

PDFStampa

La società Althesys, che elabora ogni anno il WAS Report, ha analizzato l’impatto del Covid19 sul sistema dei rifiuti in Italia.

Il blocco di larga parte dell’industria italiana, determinato dal lockdown in vigore fino al prossimo 3 maggio, si traduce, innanzitutto, in una drastica riduzione dei rifiuti speciali da trattare. Althesys ha provato a fare una prima stima, partendo dai settori indicati dal DPCM del 25 marzo 2020 (che modifica l’elenco dei codici ATECO dell’Allegato 1 del DPCM del 22 marzo 2020) e distinguendo tra quelli soggetti a restrizioni diverse. Ipotizzando che nel complesso si perdano due mesi lavorativi tra fermo e ripartenza, si avrebbero tra i 4,2 e i 4,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali in meno solo nelle tre regioni più colpite: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

Con una stima grossolana, i due mesi di fermo delle attività ritenute “non essenziali”, comporterebbero per le imprese che gestiscono gli speciali una perdita di fatturato intorno al miliardo di euro.

Il settore in Italia, come è noto, presenta diverse fragilità e la domanda è: quante imprese potranno sostenere questo crollo?

“In una situazione drammaticamente opposta si sta trovando invece il segmento dei rifiuti sanitari – spiega invece Althesys – “nicchia” di mercato ben più piccola e redditizia, ma che rischia di soffocare per l’improvvisa e imprevedibile impennata dei volumi da gestire. Le complessità italiane, che da troppo tempo frenano la costruzione di impianti, rischiano di diventare drammatiche in un comparto dove la termovalorizzazione è necessaria per ovviare ragioni di sicurezza sanitaria.

Neppure il settore dei rifiuti urbani (e assimilati) ne è indenne. La produzione di rifiuti calerà, sia quella delle famiglie, sia (anzi soprattutto) quella del terziario, in primis commercio e ristorazione. La diminuzione dei consumi, con una riduzione del Pil italiano stimata tra il 6% e 8% su base annua, potrebbe tradursi in un calo dei RU fino a 2 milioni e mezzo di tonnellate. “Il virus arriva purtroppo là dove la prevenzione e i tentativi di ridurre i rifiuti hanno fallito – conferma Alessandro Marangoni Ceo di Althesys– , ma nemmeno questo è un dato positivo, perché aumenterà la complessità della loro gestione. Il blocco o il rallentamento di alcune industrie impatterà sulle fasi a valle della filiera, cioè il recupero e il riciclo”. Mentre la raccolta dei rifiuti prosegue, non accade lo stesso per altre parti della catena, quali la selezione e il riciclo.

La chiusura di alcuni settori che trattano o impiegano materiali recuperati, come ad esempio alcune plastiche, e la sospensione delle esportazioni (destinazione di quote importanti di materie prime seconde) stanno di fatto bloccando gli sbocchi dei materiali raccolti. Gli stoccaggi si stanno saturando velocemente ed è quindi necessario autorizzarne l’aumento come ha recentemente disposto l’Emilia-Romagna e altre Regioni successivamente.

L’emergenza ha poi riportato alla ribalta il tema dei termovalorizzatori, che si rendono essenziali nel contesto delle misure intraprese per arrestare la diffusione del COVID-19. L’Istituto Superiore di Sanità ha infatti richiesto che le persone trovate positive oppure in quarantena preventiva non differenzino i propri rifiuti, ma li conferiscano in un unico sacchetto, messo a sua volta in un altro sacchetto, che sarà poi inviato a termovalorizzazione senza pre-trattamento.

La fragilità del sistema italiano di gestione dei rifiuti appare ancor più grave in questa situazione di emergenza. Infrastrutture adeguate e con opportuni margini di riserva, in particolare di termovalorizzatori distribuiti in modo omogeneo sul territorio, permetterebbero infatti di poter gestire blocchi temporanei di alcune fasi della filiera e di ridurre i rischi ambientali e sanitari. Si pensi alla logistica e all’handling in sicurezza dei rifiuti in un moderno termovalorizzatore rispetto ad una discarica a cielo aperto.

Ma la crisi ha impatti anche su tempi e modalità di attuazione di misure regolatorie e sulle policy. La tariffa rifiuti introdotta da Arera, già oggetto di proroghe, rischia di slittare ulteriormente. Il D.L. 18/2020 (art. 107 c.5) prevede che i Comuni possano approvare le tariffe della Tari adottate per il 2019 anche per il 2020 e predisporre il PEF entro il 31/12/2020. “Se questo è condivisibile viste le complessità anche organizzative che la situazione attuale comporta – prosegue l’analisi di Althesys – dall’altro rischia di produrre altre difficoltà. Ad esempio, un sistema che non considera i volumi di rifiuti effettivamente prodotti (come è la tassa rifiuti) rischia di gravare eccessivamente  su settori, come il commercio e la ristorazione, già duramente provati da questa crisi. Peraltro il calo di queste attività ridurrà solo parzialmente i costi dei gestori, data la struttura di costi fissi e la necessità di assicurare la continuità del servizio.”

L’Autorità è dunque intervenuta con la deliberazione n. 102/2020/R/Rif al fine di raccogliere dati e informazioni per rivedere il sistema tariffario nell’ambito dell’adozione di una serie di provvedimenti per contrastare gli attuali difficili frangenti.

Quando poi, terminata l’emergenza si cercherà di far ripartire l’economia, il rischio è che le politiche climatiche ed ambientali passino in secondo piano.

“La ricostruzione di quello che sarà un nuovo “dopoguerra” dovrà anche ripensare alcuni aspetti del nostro sistema di waste management – conclude Marangoni –  Paradossalmente potrà essere un’opportunità per affrontare con determinazione le debolezze del nostro Paese nei rifiuti: carenze di infrastrutture, eccessiva burocrazia, decisioni politiche spesso rinviate e, a livello sociale, poca sensibilità e cultura ambientali. Forse anche un’occasione per avere più consapevolezza della strategicità dell’economia circolare”.