Economia regionale: effetto Covid sulle imprese, una su due non fa utili

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BOLOGNA – “Una crisi senza precedenti”. BANKITALIA certifica la batosta inflitta dalla pandemia all’economia dell’Emilia-Romagna. La sede regionale della banca centrale fa il punto sui primi sei mesi dell’anno, con alcune valutazioni sul terzo trimestre e sui prossimi mesi. E non c’e’ tanto da stare allegri. Nel primo semestre dell’anno l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (Iter) elaborato dalla Banca d’Italia (in linea con la dinamica del Pil regionale), ha evidenziato una contrazione del 5,6% nel primo trimestre e del 18,6% nel secondo, valori simili a quelli medi nazionali, con una flessione del 12% circa su base semestrale. Un’impresa su due dichiara che chiudera’ l’anno in pareggio, se va bene, o addirittura in perdita. Un quadro di grande incertezza, che famiglie e imprese affrontano risparmiando e aumentando i propri depositi bancari con il quale affrontare un futuro i cui contorni sono difficilmente definibili.

Uno dei segnali della riduzione del livello di fiducia arriva proprio dall’andamento dei risparmi“, spiega il direttore Maurizio Rocca. “Il maggiore pessimismo che consumatori e imprese hanno espresso ha provocato un aumento considerevole della propensione al risparmio e all’aumento dei depositi. Rapporto tra risparmio e reddito disponibile ha raggiunto un livello elevatissimo a livello nazionale prossimo al 20%, il doppio rispetto al 2019“, osserva Rocca.

I depositi in Emilia-Romagna sono aumentati nei primi nove mesi di 11 miliardi. Questo, soprattutto per una contrazione consistente dei consumi, che e’ stata piu’ forte del calo del reddito. Un segnale certamente non positivo a lungo termine, con ricadute sull’economia.

E con un nuovo lockdown alle porte, se la diffusione del contagio non si dovesse fermare, le previsioni per l’andamento del Pil tornerebbero a peggiorare, rispetto alla flessione inferiore all’8% prevista.

Secondo lo scenario peggiore, il prodotto interno lordo nazionale dovrebbe calare del 10,5% nel 2020. E’ immaginabile che le cose si dovessero mettere male, anche per l’Emilia-Romagna si va in quella direzione“, spiegano gli analisti di Bankitalia. “I dati ad alta frequenza, quelli che consentono di ottenere informazioni rapidamente e che riguardano i consumi di energia elettrica e i traffici ci stanno segnalando in queste settimane una situazione di rinnovata difficolta’ e un nuovo rallentamento delle movimentazioni di merci e dei consumi di energia legati all’attivita’ produttiva. Sono indicazioni di massima, ma tutto lascia intendere che quando saranno disponibili i dati effettivi, confermeranno il peggioramento che ci aspetta in relazione alla recrudescenza dell’emergenza sanitaria”, ammette Rocca.

Tornando ai dati del primo semestre, si riducono produzione industriale, export e investimenti: nell’industria, secondo i dati di Unioncamere, il calo della produzione nel primo semestre arriva al 14,9%. La flessione ha interessato i principali comparti di specializzazione regionale e ha riguardato sia le vendite interne sia quelle sui mercati esteri. L’export nei primi sei mesi dell’anno si e’ contratto del 14,2%. Soltanto le imprese alimentari e farmaceutiche hanno registrato una dinamica migliore, sostenuta anche dalle esportazioni.

 Il deterioramento del quadro congiunturale ha provocato una caduta degli investimenti: secondo il sondaggio della Banca d’Italia circa il 60% delle imprese ha confermato i piani formulati a inizio anno che prevedevano un calo rispetto al 2019, mentre oltre un un terzo li ha rivisti al ribasso. L’85% delle aziende, del resto, denuncia una riduzione del fatturato nei primi nove mesi del 2020. La flessione e’ meno intensa nelle costruzioni: secondo Unioncamere Emilia-Romagna nel primo semestre il fatturato e’ calato del 10,3%.

Nel terziario il calo delle attivita’ e’ risultato diffuso: secondo il sondaggio congiunturale della Banca d’Italia, il 70% delle imprese ha registrato una diminuzione del fatturato nei primi tre trimestri dell’anno. La riduzione e’ stata piu’ marcata per il commercio di beni non alimentari e per i servizi di alloggio e ristorazione, che hanno risentito della caduta delle presenze turistiche, quasi dimezzate nei primi otto mesi dell’anno.

Sul fronte del mercato del lavoro, l’impatto della crisi e’ stato attenuato da cassa in tegrazione e blocco dei licenziamenti. Dopo una prolungata fase espansiva nel primo semestre l’occupazione e’ diminuita dell’1,7%. Il calo si e’ concentrato nel secondo trimestre dell’anno ed e’ riconducibile soprattutto al mancato rinnovo dei contratti a termine

La fase congiunturale avversa ha scoraggiato la ricerca attiva di un’occupazione, traducendosi in una flessione dei tassi di partecipazione e di disoccupazione.

Sul fronte del credito, il fabbisogno finanziario delle imprese, aumentato fortemente nei mesi successivi allo scoppio della pandemia, e’ stato gradualmente soddisfatto dai finanziamenti bancari; questi ultimi sono tornati a crescere dal mese di marzo e hanno accelerato nel periodo successivo (2% a giugno sui 12 mesi), sospinti soprattutto dall’introduzione di garanzie pubbliche. I prestiti alle famiglie hanno rallentato sia nella componente del credito al consumo (2,1% a giugno, 8,5% a dicembre 2019) sia in quella dei mutui per l’acquisto di abitazioni (1,7% a giungo, 2,3% a dicembre 2019). Del resto, per ora, le banche tengono e non si vedono, anche a causa delle politiche espansive delle banche centrali, effetti della crisi sui bilanci. Eppure, anche la Banca d’Italia invita a non abbassare l’attenzione.

L’ampiezza e la profondita’ della crisi economica assieme alla recrudescenza della pandemia non potranno non portare a un aumento delle insolvenze delle imprese. La quota dei soggetti piu’ rischiosi potrebbe superare il 20% contro il 13% precedente all’emergenza. Per le banche si apre, dunque, una fase delicata”, conclude Rocca.

(Agenzia Dire)