Con un ridisegno del quadro di supporto all’efficienza energetica, che ne corregga le criticità senza stravolgimenti, si sbloccherebbero interventi decisivi per il sistema energetico, la competitività del sistema industriale e non da ultimo la capacità di spesa delle famiglie. È quanto emerge dal Rapporto Cesef 2022 di Agici Finanza d’Impresa “L’Efficienza Energetica al centro. Nuovo quadro di policy per un contesto energetico in evoluzione”.
Le proposte
Il documento propone delle riforme per agevolare gli interventi fondamentali su scala nazionale: miglioramento dell’isolamento termico degli edifici; sostituzione degli impianti di climatizzazione; elettrificazione dei sistemi di riscaldamento; efficientamento dei settori energivori; elettrificazione del parco auto. Questi porterebbero una riduzione dei consumi energetici al 2030 di 15 Mtep l’anno, superiore all’obiettivo di risparmi previsto dal Pniec (9,3 Mtep/anno), cioè un risparmio di 10 miliardi di mc di gas naturale (quanto l’Italia ha importato nel 2022 dalla Russia), oltre a un taglio di 36,5 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. Il tutto generando investimenti per 405 miliardi di euro e un beneficio complessivo per il Paese di 594 miliardi di euro, con benefici netti per 189 miliardi di euro.
La questione Superbonus
L’appuntamento, il nono organizzato dal Cesef (Centro Studi sull’Efficienza Energetica di Agici), è stato l’occasione per tornare su uno degli strumenti disegnati proprio allo scopo di aumentare l’efficientamento e coinvolgere le imprese, il SuperBonus. “È una misura che ha generato un significativo efficientamento del parco immobiliare e rilanciato un comparto centrale per l’economia come quello edilizio. La sfida è quella di rendere lo strumento – che ad oggi è costato oltre 80 miliardi – sostenibile per il bilancio dello Stato e scongiurare un blocco degli interventi che avrebbe conseguenze drammatiche sull’economia e sulla possibilità di raggiungere gli obiettivi climatici” spiega Stefano Clerici, direttore del Cesef e consigliere delegato di Agici. “Ci sono gli elementi per proseguire nella direzione corretta: gli operatori sono pronti a investire e in questi tre anni hanno incrementato le proprie competenze e capacità di intervento: occorre dare loro un quadro regolatorio stabile.”
Si rischia, insomma, di perdere una grande occasione per l‘applicazione del principio di Energy Efficiency first. La crisi energetica del 2022 ha coinvolto tutta l’Europa. Il timore di un’insufficienza degli approvvigionamenti e il forte rialzo dei prezzi hanno inciso sulle decisioni dei governi. Ma, se da una parte questa crisi ha avuto il merito di rilanciare la Transizione Energetica, dall’altra non ha prodotto un salto nell’impegno verso l’efficienza. “Si è riportata al centro dell’attenzione la necessità di ridurre e razionalizzare i consumi energetici di famiglie, imprese e Pubblica amministrazione – si legge nel Rapporto – ma con uno sforzo di riduzione dei consumi basato su misure volontarie, non in grado di innescare circuiti virtuosi e che portino a una indipendenza energetica crescente”. “Per farlo – aggiunge Clerici – occorre inaugurare una nuova stagione di investimenti nell’efficientamento energetico, ossia interventi che permettano di ridurre i consumi mantenendo lo stesso livello di output nei servizi erogati. Ciò anche nel settore industriale, che deve essere significativamente stimolato, attraverso politiche semplici e di lungo periodo”.
Incentivi
Sul capitolo incentivi – Certificati Bianchi, Conto Termico, Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica, Comunità Energetiche Rinnovabili – lo studio 2022 propone una revisione dal momento che nel periodo 2014-2020 l’Italia non ha centrato l’obiettivo di riduzione dei consumi energetici previsto dal Pniec. E anche il monitoraggio 2021 si apre con un risultato (1,13 Mtep/anno) leggermente inferiore all’obiettivo di 1,26 Mtep/anno. Complessivamente, ricalibrare gli incentivi permetterebbe di tagliare i consumi al 2030 di 9,1 Mtep/anno nel settore residenziale, 0,3 Mtep/anno nel terziario, 3,2 Mtep/anno nell’industria e 2,9 Mtep/anno nei trasporti.
Nello specifico per il Cesef si dovrebbe quindi agire su:
Certificati Bianchi: hanno un ruolo centrale nel settore industriale ed “è cruciale garantire maggiore semplicità e favorirne la liquidità, stimolando la realizzazione tanto dei progetti di piccole-medie dimensioni, quanto degli interventi di grande magnitudo e innovativi, grazie ad un sistema di aste integrato al meccanismo”.
Conto Termico: oggi prevede lo stanziamento di 900 milioni per interventi legati alla riqualificazione energetica degli edifici. “È auspicabile una riforma del meccanismo”, facendolo diventare “strumento specializzato per la Pubblica amministrazione”.
Il Fondo nazionale per l’efficienza energetica: nato nel 2019 come strumento di supporto per agevolare l’accesso al credito da parte di imprese, ESCo e PA, dovrebbe essere focalizzato maggiormente sulle Pmi, cui vanno dedicate specifiche iniziative e maggiori risorse.
Comunità Energetica Rinnovabile (CER): lo strumento è risultato finora piuttosto limitato perché mancano ancora i decreti attuativi e sono stati posti limiti di partecipazione di ESCo e Utility ed è dedicato unicamente alla promozione dell’autoproduzione rinnovabile. Invece, andrebbe ripensato in una logica di integrazione tra interventi di EE e generazione da FER, riconoscendo premialità aggiuntive per chi realizza entrambe le componenti.
Fonte: E-Gazette