Milleproroghe: odg in tema di concessioni idroelettriche

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DECRETO EMERGENZE E ATTUAZIONE PNRR

Con 151 voti favorevoli, 92 contrari e 3 astenuti, l’Aula della Camera ha approvato il 18 febbraio, in prima lettura, il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2024, n. 208, recante misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (AC. 2184-A ) (scade il 1°marzo) sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia.  

Scheda di sintesi


INDAGINE CONOSCITIVA SUL NUCLEARE

Proseguiamo la rassegna delle audizioni in commissione. Questa settimana sono stati ascoltati diversi docenti universitari.

Federico Maria Butera – Politecnico di Milano

“Tutto sommato per questo modo di funzionare che punta a compensare le mancanze di produzione delle rinnovabili, il costo del kiloWattora nucleare è piu alto di quello delle rinnovabili con accumulo. Probabilmente converrebbe spendere sugli accumuli piuttosto che spendere e lavorare per il nucleare, che non concorrerebbe alla diminuzione del prezzo finale dell’energia che è il risultato che si vuole ottenere“. Federico Maria Butera, professore emerito di fisica tecnica ambientale del Politecnico di Milano, lo dice in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione. Parlando di “integrazione nucleare nel sistema delle rinnovabili in termini soprattutto di costo” si deve considerare che “il kWh nucleare costa più di quello rinnovabilie, ma è un confronto fuorviante perché i costi del nucleare valgono per un numero di ore all’anno, il capacity factor, rispetto a quello in cui potrebbe effettivamente funzionare”, dice Butera, “paragonare una fonte programmabile con una non programmabile non ha molto senso. Il numero delle ore di funzionamento è importante, il capacity factor appunto, man mano che le ore di funzionamento diminuiscono aumenta enormemente il costo del kWh prodotto, questo perché il costo in termini di investimento del nucleare sono molto grandi, e se non va a tavoletta costa sempre di più“. In tutto ciò “la gamma dei costi del nucleare varia in maniera straordinaria in funzione del capacity factor, se è elevato il costo è basso, se l’impianto funziona poche ore e a potenze limitate il costo è alto”, spiega il docente del PoliMi, “se deve sopperire alle rinnovabili e dare solo la differenza di potenza che manca alla rete il capacity factor è sempre basso e quindi si sta sempre nella fascia alta dei costi”. Alla luce di questo, “il fotovoltaico a terra, quello detto utility scale, unito a batterie è quindi paragonabile a una fonte stabile, ha un intervallo di costi molto contenuto e il massimo costo del fotovoltaico con accumulo è inferiore al minimo costo nucleare“, spiega Butera.

Il riferimento è a “dati della Germania del 2024, e noi pagheremmo il fotovoltaico meno perche abbiamo maggiore radiazione solare”, prosegue Federico Maria Butera, professore emerito di fisica tecnica ambientale del Politecnico di Milano. “Con il nucleare, al diminuire delle ore di funzionamento o della potenza aumenta enormemente il costo- ribadisce Butera- e confrontato con altre tecnologie, ad esempio una Centrale termoelettrica a ciclo combinato gas alimentata a idrogeno, per valori bassi della produttività del capacity factor addirittura costa meno rispetto al nucleare”. (Agenzia Dire)

Giorgio Parisi – premio Nobel per la Fisica

Il nucleare non funziona come strumento a supporto delle rinnovabili, non è possibile svolga questa funzione per le sue caratteristiche tecniche. Oltretutto la tecnologia solare costa sempre meno, il costo cala del 10% l’anno, e in Italia abbiamo molto sole e superfici da utilizzare in città e in campagna. Anche l’eccesso di produzione di giorno e il crollo di notte delle rinnovabili si possono affrontare con sistemi di accumulo o di power-to-gas usando l’elettricità per produrre idrogeno. Da ultimo, l’Italia ha una grandissima risorsa geotermica che potremmo usare, così come sarebbe il caso di investire nella rete elettrica per renderla ‘smart’ e di rinnovare le turbine idroelettriche perché producano di più.
Questi, in estrema sintesi, i messaggi che lancia Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica, in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
Qualcuno pensa, non so come, che il nucleare possa essere una fonte alternativa da attaccare all’elettrico da rinnovabili, sfortunatemente no, non è così”, avverte Parisi, “il nucleare ha una flessibilità estremamente bassa, una centrale nucleare è costretta a produrre la stessa quantità di energia di giorno e di notte”. 
Ciò detto, “il grandissimo difetto dei pannelli fotovoltaici è che producono di giorno e non di notte” ma “il nucleare non risolve questo problema che avremo in futuro, anche se un futuro non così vicino”.
Intanto, parlando di una tecnologia che questo problema lo risolve, “il costo degli accumulatori è enormemente diminuito, e se ci fosse un eccesso a metà giornata si potrebbe usare per produrre gas come l’idrogeno”, avverte il Premio Nobel per la Fisica.
Soprattutto, però, “l’opzione nucleare va valutata quando la tecnologia sarà disponibile, ora è solo su carta”, stigmatizza Parisi, per cui “l’Italia deve investire nel geotermico, nella smart grid, per l’aggiornamernto delle turbine elettriche che lavorino alla Penelope portando su l’acqua di giorno e giù di notte, e approntare una normativa per facilitare installazione solare”. 

Al momento i costi del solare sono decisamente inferiori a quelli delle altre fonti” e c’è “un fattore 2-3 tra solare e nucleare”, con “i costi del solare che stanno calando del 10% ogni anno“, prosegue Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica, in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione. Ciò detto, “ci sono enormi spazi liberi nelle città dove installare il solare, in tantissimi posti nelle campagne tramite l’agrivoltaico che in Italia non è portato avanti”, afferma Parisi. Ciò detto, “i costi dei pannelli calano mentre quelli del nucleare sono aumentati anche a causa delle necessità di sicurezza”, segnala il Premio Nobel per la Fisica, ricordando i “tantissimi problemi che non si possono risolvere”, ad esempio “si parla di deposito ma non solo non sono riusciti a farlo, nemmeno sono stati in grado di decidere dove farlo”. In tutto questo il nucleare di “IV generazione è importante ma non ha nessun prototipo funzionante su grande scala, ed è l’evoluzione del Super-Phénix in Francia, che dopo essere stato costruito ha avuto svariati incidenti per troppi anni ed è stato chiuso“, avverte Parisi. “La IV generazione è interessante ma ha un grande problema, sono impianti raffreddati a metalli a 500 gradi, e con un ambiente pieno di neutroni e ad alta temperatura c’è un problema di corrosione dei tubi idraulici, non è detto funzioni, infatti il l Super-Phénix è andato male“, dice Parisi rispondendo alle domande dei commissari, “è però interessante avere un occhio sul futuro, fare un investimento ora è azzardato perché ci sono moltissime altre cose su cui possiamo fare investimenti, come sul risparmio energetico, e farlo in modo più efficiente di come fatto in passato”.

 “Su scala europea Italia, Grecia e Spagna sono i migliori paesi dove installare solare, e a livello europeo sarebbe insensato mettere solare in Germania e nucleare in Italia“, rileva Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica, inoltre “l’Italia ha una enorme capacità geotermica ancora non utilizzata”. Rispetto alla non completa programmabilità delle rinnovabili, che si risolve accumulando elettricità quando è in eccesso per usarla quando manca, “il costo degli accumulatori è enormemente diminuito, e se ci fosse un eccesso a metà giornata si potrebbe usare per produrre gas” come l’idrogeno, suggerisce il Premio Nobel per la Fisica. Però “il miglior accumulatore sono i pompaggi, ma dobbiamo migliorarne efficienza e capacità”, suggerisce Parisi, “la solarizzazione dell’Italia va accompagnata da investimenti, nella smart grid e negli impianti idroettrici” e servono “naturalmente anche misure legislative di semplificazione dell’installazione del solare”, avverte Parisi. Insomma, “l’opzione nucleare va valutata quando la tecnologia sarà disponibile, ora è solo su carta“, conclude.  (Agenzia Dire)

Interventi in audizioni svolte a inizio febbraio.

Nicola Armaroli – dirigente di ricerca del CNR

 “L’affermazione per cui le rinnovabili da sole non bastano oggi è vera, ma è destinata a cambiare con le nuove tecnologie. Il rischio, con il nucleare, è ritrovarsi in mano un oggetto molto costoso e superato“. Questa è solo una delle valutazioni formulate da Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del CNR, in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione. “Il grande boom della capacità nucleare mondiale è stato tra gli anni 50 e gli anni 80 dopodiché si è stabilizzato tutto- avverte Armaroli- La produzione mondiale elettrica è stata coperta dal nucleare nel 1996 per il 17,2% il massimo raggiunto e nel 2024 siamo a poco più della metà, 9,2%. Quindi non è in corso e non c’è mai stato un rinascimento nucleare anche se spesso se ne parla“. Per quel che riguarda la Cina, “copre meno del 5%” della domanda elettrica con l’atomo, “in 32 anni ha installato 57 GigaWatt di nucleare ma solo nel 2024 ha installato 357 GW di fotovoltaico ed eolico”, quindi “sia chiaro, non c’è un boom del nucleare nemmeno in Cina”, precisa. Per il piano nucleare italiano il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto “ha parlato di piccoli reattori modulari e di fusione. Però allo stesso tempo il ministro ha dichiarato che l’Italia non punterà a grandi centrali. Quindi le tecnologie su cui l’Italia punta oggi, i piccoli reattori e a fusione, non esistono”, precisa il ricercatore. “Il ddl parla anche di cose molto importanti come sicurezza nazionale, indipendenza energetica, approvvigionamenti eccetera”, prosegue Armaroli, ma “l’uranio che è la fonte primaria per alimentare i reattori nucleari, il 43% della produzione è concentrato in un unico paese che è il Kazakistan, non c’è nessuna fonte di energia così concentrata al mondo“. In tutto ciò “l‘uranio dal 2021 al 2025 è cresciuto sul mercato del 137%. C’è un dominio russo e cinese totale quasi assoluto sulla tecnologia come ci ricorda l’Agenzia internazionale per l’energia e proprio per questo motivo non è stata mai inflitta di fatto alcuna sanzione al colosso russo Rosatom che è il grande dominatore della filiera nucleare mondiale”, avverte il ricercatore del CNR. 

 “L’Italia non possiede quindi né il combustibile né le tecnologie nucleari. Il campione è la Francia che copre il 65% del fabbisogno col nucleare ma ha una flotta di reattori molto vecchia che si avvicina ai 40 anni di età media, 57 reattori tutti in funzione ma zero attualmente in costruzione“, segnala Armaroli, dirigente di ricerca del CNR. Il nucleare “è una tecnologia di baseload per il 65% che fa si che la Francia abbia una esigenza vitale di esportare elettricità. Questo lo dico perché c’è il grande equivoco che sembra che l’Italia e la Germania abbiano bisogno di importare energia dalla Francia, invece è il contrario, perché le centrali nucleari non si possono accendere o spegnere su base giornaliera. Quindi la Francia di notte esporta a basso prezzo per una propria esigenza fisica e strutturale“. Inoltre, “EDF è stata nazionalizzata nel 2022 per problemi economici e due settima fa la Corte costituzionale francese ha bocciato il nuovo piano nucleare per via dei costi, teniamone conto in Italia dove abbiamo seri problemi di costo”, avverte Armaroli. “Per quel che riguarda la Cina, ha una flotta di reattori molto giovane, 11 anni di media ma copre meno del 5%, 59 reattori in funzione e 29 in costruzione, segnala il ricercatore, “però la Cina in 32 anni ha installato 57 GigaWatt di nucleare ma solo nel 2024 ha installato 357 GW di fotovoltaico ed eolico“, quindi “per ogni elettrone nuovo immesso in rete ce ne sono 60 di fotovoltaico ed eolico”. In altre parole, “sia chiaro, non c’è un boom del nucleare nemmeno in Cina”, precisa.

“Per l’Italia il primo problema è la localizzazione“, il problema per i siti nucleari in Italia sono il rischio idrogeologico, sismico, paesaggistico e l’acqua, “altro problema e scarsa capacità di investimento e nel 2040 l’Italia deve avere terminato il percorso di decarbonizzazione e non cominciare“, rileva Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del CNR. “Scarseggiano in Italia siti, soldi, tempo e le tecnologie indicate dal governo non ci sono”, riassume. “Sul ddl c’è scritto che vogliamo fare tra 8 e 16 GigaWatt di nucleare, usiamo un valore intermedio a 12 GW, parliamo di SMR che ha una taglia di potenza media da 100 MegaWatt, vuol dire che in Italia dovremo installare 120 reattori. Chiedo a voi che conoscete i territori se è proponibile un’operazione da 120 reattori, con l’installazione di uno in ogni ogni provincia“, sollecita il ricercatore. Inoltre, “l’affermazione per cui le rinnovabili da sole non bastano oggi è affermazione vera ma perderà sostanza con lo sviluppo di nuove tecnoogie come accumuli e reti intelligenti”, prosegue, “la nuova capacità rinnovabile annuale vale decine di volte quella nucleare, in breve ci sarà un enorme gap crescente tra nucleare e rinnovabili, come potrà competere con la nuova capacità? Il rischio e di trovarsi in mano ogetto suoperato e molto costoso“. Ancora, “si dice che vogliamo abbassare le bollette, ma siccome le tecnologie che vogliamo fare in Italia non ci sono non se ne conosce il costo, è allora una promessa”, prosegue Armaroli, “si dice di usare il nucleare per il calore industriale, ma combinare rischio nucleare con rischio chimico è un rompicapo, e manca un quadro regolatorio“. Si dice poi che il nucleare è compatibile con le rinnovabili, ma “dobbiamo vedere” perché “con oltre 200 GW rinnovabili, nel 2040 avremo eccessi di produzione a basso costo per 7-8 mesi l’anno e avremo due opzioni: tenere spenti i reattori nucleare per mesi, che è economicamente insostenibile, perché il reattore deve andare piu tempo possibile, o spegnere le rinnovabili e alzare i costi dell’energia, che è un grande paradosso”, valuta il ricercatore. Dunque, “si deve essere chiari, stiamo operando una scommessa-promessa che tra 15-20 anni avremo bollette più basse con tecnologie che oggi però non esistono, non sappiamo se e quali saranno nè quanto costeranno, intanto tecnologie di decarbonizzazione consolidate di altro tipo crescono velocemente”. (Agenzia Dire)


LEGGE DI DELEGAZIONE EUROPEA 2024

La Commissione Politiche dell’UE del Senato ha proseguito il 19 febbraio l’esame del ddl recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2024 (AS.1258, Governo).  Concluse le votazioni in Commissione, il provvedimento è atteso in Aula il prossimo 25 febbraio.


DECRETO MILLEPROROGHE

È stato ritirato per essere trasformato in un ordine del giorno l’emendamento presentato da Forza Italia al decreto Milleproroghe in materia di concessioni idroelettriche.

La norma, firmata dal senatore Claudio Fazzone, prevedeva la sospensione fino al 31 dicembre 2025 delle procedure di assegnazione delle concessioni di grande derivazione d’acqua ad uso idroelettrico, incluse quelle già avviate al momento dell’entrata in vigore del decreto.

La sospensione, si legge nel testo, è chiesta “in relazione ai tempi necessari ad assicurare a livello europeo parità di trattamento e uniformità in materia di produzione di energia elettrica e di assegnazione delle concessioni di grande derivazione d’acqua ad uso idroelettrico, nonché al fine di garantire la tutela dell’indipendenza e della sovranità energetica nazionale”.

Inoltre, la proposta di Forza Italia aggiunge che “fino all’assegnazione delle concessioni di grande derivazione d’acqua ad uso idroelettrico secondo le modalità che verranno stabilite dai singoli Stati membri in attuazione della normativa euro-unionale che sarà adottata in dipendenza di quanto previsto al precedente paragrafo, le concessioni di grande derivazione d’acqua ad uso idroelettrico già scadute all’atto di entrata in vigore della presente norma, nonché quelle che scadranno successivamente, continuano ad essere esercite dagli attuali operatori a condizioni invariate“.

Sempre in materia di concessioni idroelettriche, si ricorda, erano stati depositati identici emendamenti (poi dichiarati improponibili) anche da Pd (a firma Michele Fina) e Italia viva (proposte a firma Silvia Fregolent e Dafne Musolino). Entrambi tuttavia, non riportavano la dicitura “fino al 31 dicembre 2025″. (Public Policy)

Intanto, Anci  “esprime soddisfazione per l’approvazione della proroga al 31 dicembre 2027 dei termini per l’adeguamento antincendio degli edifici scolastici ed asili nido nonché per la possibilità, anche nel 2025, di aderire o rinegoziare mutui con banche e Cdp. Parimenti importanti per Comuni e Città Metropolitane è stata l’approvazione della proroga di un ulteriore anno (31 dicembre 2025) della deroga all’obbligo della preventiva attivazione delle procedure di mobilità volontaria prima dell’avvio dei concorso, quella dei termini per l’inserimento del portale del MEF delle delibere fiscali (IMU e TARI) e infine lo slittamento al 31 marzo 2025 del termine della fase transitoria per l’iscrizione all’albo degli educatori professionali. Chiude il quadro di importanti proposte di ANCI e approvate durante l’iter di conversione del decreto milleproroghe la proroga dei termini per l’affidamento dei lavori relativi al contributo sulle cd opere medie, annualità 2019-2021, al 30 giugno 2023″. Così in una nota. “Rispetto a proroghe egualmente importanti ma non approvate, quali la proroga della sospensione dell’obbligo di accantonamento del FAL per gli enti in crisi finanziaria, la sospensione delle misura interdittiva, ovvero della possibilità di scorrere la graduatoria e utilizzo le economia del fondo 2024 per il contributo degli oneri relativi al costo dei segretari comunali dei piccoli Comuni, l’ANCI riproporrà le stesse nel prossimo provvedimento utile ed auspica, alla luce delle effettive urgenze, il recepimento nel prossimo decreto legge PA”, conclude la nota. 


DDL SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA

La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha ripreso il 18 febbraio l’esame, sospeso lo scorso 12 novembre, del ddl recante misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie (AS. 1192 Governo) (collegato alla manovra di finanza pubblica). Attesi gli emendamenti de Governo.


DAL GOVERNO

Il Governo è al lavoro sul decreto che dovrà affrontare il problema del caro bollette e sostenere le imprese e le famiglie maggiormente in difficoltà. Un primo vertice con tutti i Ministri interessati si è tenuto a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, video collegato da Bruxelles, e i colleghi dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e degli Affari Europei Tommaso Foti. L’incontro è servito a mettere sul tavolo le misure che saranno inserite in un provvedimento che comunque non sarà oggi sul tavolo del Cdm. Saranno necessarie almeno un paio di settimane; tra i nodi da sciogliere ci sono quello del rispetto delle norme europee sugli aiuti di Stato e quello del reperimento delle risorse per le coperture: solo allargare la platea del bonus sociale, come fatto in passato, verrebbe a costare circa 1,5 miliardi di euro, non poco se si pensa al confronto in atto nella maggioranza anche su altri temi, ad esempio per le risorse necessarie a ridurre l’Irpef per il ceto medio o per avviare una nuova rottamazione. Ecco, quindi, che la parola d’ordine è prudenza, cautela: nessuna fretta, bisogna fare bene i conti. 

Diverse le ipotesi sulla scrivania dei ministri Giorgetti e Pichetto. La prima è quella di annullare la differenza tra il costo del gas sul mercato di riferimento europeo (l’indice Ttf della Borsa di Amsterdam) e quello sul mercato all’ingrosso italiano (l’indice Psv). Questa mossa porterebbe a un ribasso immediato delle bollette, anche di quelle dell’elettricità legate in parte all’andamento del prezzo del metano. Sul tavolo, per venire incontro alle imprese anche il potenziamento dell’energy release (la concessione di elettricità a prezzi calmierati alle imprese energivore che realizzano nuova capacità di generazione da fonti rinnovabili) e la compensazione della tassazione europea Ets sulle emissioni di Co2 a carico dei produttori di energia. Un punto molto delicato quest’ultimo che deve essere negoziato con Bruxelles per non incappare in violazioni delle rigide norme europee sugli aiuti di Stato. Allo studio sarebbe anche un nuovo intervento sugli oneri di sistema, ma il problema delle coperture rende questa strada impervia.  (Nomos).

 

Rassegna parlamentare a cura di MF